Fonte:
la Repubblica
Autore:
Paolo Berizzi
Dieudonné finisce in cella per apologia di terrorismo Ma esplode la polemica
Il controverso comico della “quenelle”: “Sono Charlie Coulibaly” Scarcerato, ma rinviato a giudizio. “Per lui la libertà non vale?”
Prima di salire sull’auto della polizia per salutare i fan si è portato il braccio destro al petto premendo la mano sul cuore: come un legionario. Forse speravano si esibisse in un’azzardatissima quenelle. Il gesto triviale che “Dieudò” ha inventato definendolo “antisionista” dieci anni fa e che spopola trasversalmente — dalle banlieue islamiche alla destra anti immigrati sì, sembra surreale — tra i resuscitatori 2.0 del capro espiatorio semita. Dieudonné M’Bala, per tutti semplicemente Dieudonné, il più controverso comico di Francia, è stato arrestato (e poi scarcerato ) per apologia di terrorismo. Nel giro di dodici ore i giudici l’hanno rinviato a giudizio ( udienza il 4 febbraio) e rimesso in libertà. Ma scoppia la polemica dei suoi sostenitori, che attaccano:«Perché la libertà di parola di Charlie è sacra e quella di Dieudonné no?..»
Vediamo che è successo. Ieri mattina alle 7 dieci gendarmi prelevano l’artista dalla sua casa di Mesnil-Simon, un piccolo villaggio dell’Eure-et-Loire, per portarlo in una cella di sicurezza nella prefettura di polizia di Parigi. Tecnicamente non è stato arrestato. Ma è come se. Si chiama garde a vue, è un dispositivo, l’equivalente del fermo di polizia, che consente alla giustizia di fermare per una durata fino a 48 ore chiunque sia sospettato di un qualsiasi reato ( a sera il comico, scarcerato, si è esibito regolarmente in teatro alla Main d’Or davanti a una cinquantina di persone).
Nei confronti di Dieudonné lunedì scorso era stata aperta un’inchiesta per apologia di terrorismo: alla Procura parigina non è andata giù l’ennesima provocazione del comico. «Je suis Charlie Coulibaly». aveva postato su Facebook “Dieudò” dopo la marcia repubblicana che ha portato in piazza a Parigi tre milioni di persone. Una sintesi non proprio felice, con un doppio riferimento: a Charlie Hebdo e a Amedy Coulibaly, il terrorista che ha ucciso i quattro ostaggi ebrei all’interno del supermercato kosher di Porte de Vincennes. Particolare, ma è solo una coincidenza Dieudonné — dichiaratamente nemico della comunità ebraica che prende di mira nei suoi spettacoli, già candidato alle elezioni europee del 2009 con una “lista antisionista”, —è nato a Fonteneray-aux-Roses, il paese dove Coulibaly abitava con la sua compagna ( fuggita e ricercata in Siria ) Hayat Boumeddiene. E dove lo stesso Coulibaly avrebbe firmato un altro attentato: contro un uomo che faceva jogging.
«Le accuse di apologia di terrorismo sono ridicole—ha tuonato nel pomeriggio Jacques Verdier, l’avvocato di Dieudonné —. Le autorità sbagliano bersaglio, in questo momento avrebbero di meglio da fare nella lotta al terrorismo. Secondo il codice penale — aggiunge il legale— è vietato fare direttamente apologia di atti terroristici, e provocare questi atti. Ora, credete davvero che Dieudonné sia nella posizione di provocare degli atti terroristici? Di nuovo, siamo nella persecuzione di questo artista». Quella tra il comico anti-sionista e la giustizia francese una partita aperta. Che divide l’opinione pubblica: da una parte i difensori — a ogni costo — della libertà di espressione, una delle colonne portanti della Costituzione francese e delle democrazie; dall’altra chi ritiene le performance di Dieudonné un’intollerabile incitamento all’odio razziale. Una sorta di «persecuzione» artistica anti semita. Un anno fa per uscire dall’empasse, Manuel Valls, allora ministro dell’Interno (oggi premier) mise al bando gli spettacoli del comico (il tour “Le Mur” ) per «questioni di ordine pubblico». E i prefetti delle città si adeguarono. Non erano ancora arrivate le stragi, la carneficina di Charlie Hebdo, il massacro dei quattro ebrei nel supermercato kosher. Lunedì scorso, con la Francia in piazza per dire no al terrorismo e all’antisemitismo e difendere la libertà di espressione — Dieudonné ha postato il suo “Je suis Charlie Coulibaly”. Un collage provocatorio, per usare un eufemismo. Sommerso dalle polemiche — che evidentemente non devono averlo colto di sorpresa ne tantomeno turbato — Dieudonné ha poi scritto una lettera aperta al ministro dell’Interno Cazeneuve. L’appello, pubblicato sul sito ufficiale del comico, finiva così: «… Io propongo la pace». L’epilogo è stato un po’ diverso.