21 Novembre 2024

Germania, discriminazioni antisemite nel mondo dell’arte

Antisemitismo, la denuncia degli ebrei in Germania: ha iniziato a colpire il mondo degli artisti

L’antisemitismo avanza subdolo in tutta Europa. In Germania la discriminazione nei confronti degli ebrei ha iniziato a lambire anche il mondo artistico. Il presidente del Consiglio centrale degli ebrei, Josef Schuster, ha rotto ogni indugio parlando apertamente dell’emarginazione degli artisti e degli operatori culturali ebrei e israeliani.

Un fenomeno silente che va avanti da anni ma che ora, dopo la crisi in Medio Oriente ha finito per segnare un «crollo significativo nelle loro carriere», soprattutto dopo il 7 ottobre. «Tutti loro riportano che i loro contratti e persino gli impegni stanno crollando. In pratica vengono ignorati dagli ex clienti, dai mercanti d’arte. A questo si aggiungono gli insulti degli ex colleghi». In questo clima persino tanti lavoratori ebrei impiegati nei musei o negli uffici dei festival hanno lasciato perché non si sentivano più al sicuro nel loro posto di lavoro.

Discriminazione

Collaborazioni che vengono annullate, inviti cancellati per «evidenti motivi politici’».

Schuster si è chiesto quali motivi politici ci fossero dietro alla decisione di fare cessare gli impegni da un giorno all’altro a causa della religione, della propria identità o della propria origine. «Questa è la forma più pura di discriminazione». Il direttore, secondo quanto riportato dalla agenzia cattolica KNA, resta sbigottito davanti alla sostanziale tolleranza di questo fenomeno. «E alla fine il messaggio che traspare è: “tu non fai parte di noi. Non ci appartieni davvero».

E’ una specie di «intifada culturale» dove in questo quadro anche il diritto di Israele alla sua esistenza viene messo in discussione. A causa della polarizzazione che si è determinata e che può essere osservata ovunque il mondo culturale formato da curatori, editori e registi dovrebbero cercare di creare spazi «in cui le persone possano pensare insieme, parlare, evitare di praticare l’ambiguità. Tuttavia, questo accade fin troppo raramente».