Fonte:
https://moked.it
Autore:
Gadi Luzzatto Voghera
Ancora foibe e Shoah
A proposito della circolare del Ministero dell’istruzione che impropriamente paragona gli italiani infoibati agli ebrei vittime dello sterminio nazista si è già scritto. Incidente istituzionale chiuso, anche se il paragone viene ogni anno riproposto in diverse forme, soprattutto dalle amministrazioni locali. Colpisce in questa occasione la difficoltà del mondo della comunicazione ad assegnare alle parole e ai concetti storici il loro contesto corretto. L’informazione è fatta di parole, e il loro uso ha delle conseguenze culturali profonde. Non a caso la lingua ebraica assegna al concetto di parola (davàr) un senso materiale: davàr significa anche “cosa”, “oggetto”. Carlo Levi ci ricordava in altro contesto che “le parole sono pietre”. Nanni Moretti in Palombella rossa supplica una giornalista: “Chi parla male pensa male, bisogna trovare le parole giuste, le parole sono importanti”.
A questo viene da pensare quando si legge su “Il Giornale” di oggi che sarebbe del tutto legittimo stabilire un’equiparazione concettuale fra lo sterminio degli ebrei d’Europa e la pulizia etnica contro gli italiani messa in atto in Istria e nella Venezia Giulia a fine conflitto. Non è chiaro al giornalista, come non è chiaro al burocrate del Ministero che ha proposto quel passaggio, che la parola sterminio, come concetto e come realizzazione storica, ha purtroppo un senso ben preciso. Il continuo lavoro culturale per far comprendere in profondità che è una priorità per noi oggi. Dobbiamo saper assegnare quelle tragedie alla loro corretta collocazione nel tempo, nello spazio, nelle dinamiche storiche, politiche, economiche, psicologiche e umane che le hanno determinate. Ci si aspetterebbe maggior cautela, sia negli apparati istituzionali, sia nel mondo della comunicazione. Così non è. Per cui bisogna moltiplicare gli sforzi per far comprende prima di tutto il significato dei lemmi che descrivono gli eventi su cui ci sforziamo di fare memoria, aiutando ad orientarsi nelle dinamiche della storia tentando, per quanto possibile, di non piegare le tragedie del passato alle spesso inutili convenienze politiche del tempo presente.