Fonte:
Italia Oggi
Autore:
Diego Gabutti
Il primo a negare l’esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio nazisti fu il comunista francese Paul Rassinier
Ci sono teoremi cospirativi più o meno innocui, che semplicemente sondano gli abissi della credulità umana: la missione Apollo non è mai stata sulla luna, i balzi degli astronauti sulla superficie lunare sono stati girati da Stanley Kubrik sul set di 2001. Odissea nello spazio. E ci sono fantasie complottistiche meno innocue: non c’è stato nessun Olocausto, le camere a gas sono una chimera sionista, gli ebrei morivano come si muore in guerra, di fame, sotto i bombardamenti, d’epidemie di tifo. Storico del radicalismo di destra, autore d’importanti saggi sull’antisemitismo e sul revisionismo in tema di sterminio degli ebrei, Francesco Germinario illustra nel suo ultimo libro, Negazionismo a sinistra, gli usi e costumi d’una specie scarsamente conosciuta di negazionisti: i negazionisti d’estrema sinistra, comunisti radicali che si richiamano all’autorità d’un teorico del marxismo puro e duro, Amadeo Bordiga, che Lenin aveva bollato come «estremista» nell’opuscolo L’estremismo, malattia infantile del comunismo (lui, il Robespierre del Terrore rosso, se la tirava da moderato). Setta nella setta, catacomba scavata sotto le catacombe, il negazionismo di sinistra nasce in Francia, intorno agli anni settanta, nei circoli d’oscure sette bordighiste (Amadeo Bordiga, ingegnere napoletano, marxista dalla prosa spumeggiante e pirotecnica, fu il fondatore e primo segretario del Pc d’Italia nel 1921). Già all’origine, in realtà, il negazionismo è affare dell’estrema sinistra. A negare, praticamente per primo, l’esistenza delle camere a gas fu il comunista Paul Rassinier, deportato a Buchenwald, poi editore e giornalista. Nei suoi scritti, che furono in seguito ripresi dai negazionisti della destra radicale, Rassinier spiegava che non ci fu nessun piano di sterminio degli ebrei o di qualunque altra minoranza da parte dei capi nazisti, ma che i prigionieri dei lager tedeschi furono sterminati dalle condizioni materiali della guerra. Soprattutto, raccontava Rassinier, furono vittime della ferocia dei kapò, quasi tutti comunisti staliniani e socialdemocratici (di nuovo alleati tra loro da quando il Comintern, sconfessata la teoria del socialfascismo, era passato alla politica dei fronti popolari). Che i kapò staliniani fossero brutta gente lo testimoniano grandi libri, a cominciare da Prigioniera di Stalin e di Hitler di Margarete Buber Neumann (il Mulino 2005). Ma che fossero loro, e non le Einsatzgruppen, a scannare gli ebrei su scala industriale, come sosteneva Rassinier, è peggio che ridicolo. È cecità ideologica: la stessa cecità che portò i bordighisti francesi, e alcuni loro compagni italiani, a utilizzare un articolo attribuito a Bordiga (ma opera del bordighista tedesco Jean Pierre Axelrad, «un fisico, ex trotskista», scampato per poco alla deportazione) per sostenere la tesi complottarda che Auschwitz era «un’invenzione» dell’agitprop alleato e sionista. In realtà, come racconta Germinario, l’articolo di Axelrad (Auschwitz, o il grande alibi) non era negazionista. Era un’opinione che «banalizzava» (come si dice oggi) la specificità dell’Olocausto. Da come la vedeva lui, e da come la vedeva anche Bordiga, prima e seconda guerra mondiale erano la stessa cosa: il nazismo era il capitalismo classico più qualche belluria hitleriana di scarso conto (il passo dell’oca, la svastica, i baffetti a spazzolino e, di passaggio, anche lo sterminio di milioni d’ebrei). Non era la politica, cioè l’antisemitismo al potere, né Hitler e i suoi serial killer, a muovere i fili della storia: campi di sterminio e Shoa erano l’inevitabile conseguenza dei rapporti sociali capitalistici, dunque della «struttura economica dominante», come da canone marxista. Era un discorso assurdo, naturalmente, ma è intorno alle assurdità (mancano pochi anni alla fine del mondo, gli alieni sono tra noi, i vaccini provocano l’autismo) che prendono forma le sette estremiste. Bordiga, che col negazionismo non aveva niente a che fare, ne fu proclamato post mortem capostipite; e questo non è bello. Qualcosa negò anche lui, tuttavia. Ingegnere, e comunista eccentrico, negli anni cinquanta negò, conti alla mano, che fosse possibile mandare navi nello spazio. Nessun «proietto poteva sfuggire alla gravità terrestre». Era una bella topica. Ma aveva un suo metafisico perché: il fondatore del Pc d’Italia s’opponeva, come scrisse, all’«impestamento umano dello spazio cosmico».
Francesco Germinario, Negazionismo a sinistra. Paradigmi dell’uso e dell’abuso dell’ideologia, Asterios 2017, pp. 176, 18,00 euro