Fonte:
Moked.it
Autore:
Francesco Moises Bassano
Antisemitismi
Per quanto l’antisemitismo “classico” di destra o quello jihadista siano facilmente identificabili, resta forse più complesso tracciare le altre tipologie di antisemitismo, come quello di sinistra di cui giustamente si discute molto negli ultimi anni. Forse perché si ritiene più insolito che un pensiero, che in maniera più o meno sfumata, è proiettato verso l’uguaglianza sociale di tutti gli esseri umani possa contenere sentimenti razzistici. Qualche giorno fa un video di una pagina dal titolo voxkomm, condiviso da alcuni contatti, riprendeva un audio del 1919 dove Vladimir Lenin denunciava a chiare lettere l’antisemitismo. Qualche utente nei commenti interni alla pagina ha naturalmente storto la bocca con il solito “ma…”, i più hanno apprezzato (almeno a parole). Eppure, il rapporto con gli ebrei, dei successori di Lenin, a cominciare da Iosif Stalin, è stato segnato dall’ostilità se non da vera e propria intolleranza, per quanto ciò sia negato o resti ignoto a molti nostalgici del regime sovietico. In questo e altri casi bisognerebbe comprendere quanto l’antisemitismo della sinistra, come pure quello di Bakunin o Proudhon, sia originato da elementi ideologici che potrebbero essere propensi all’antisemitismo, o quanto piuttosto il fenomeno sia derivato dalla mentalità e dal contesto di una data epoca, come appunto quello russo con un antigiudaismo cristiano mai realmente sopito. Oggi l’antisemitismo di sinistra è per lo più riscontrabile in certi atteggiamenti che si autolegittimano come esclusivamente “antisionisti”. Sebbene questo tipo rimanga molto più nascosto o latente rispetto a quello del passato. Un politico che per esempio, per quanto impropriamente, definisce Israele un “regime d’Apartheid” o che sostiene il BDS, si può davvero considerare antisemita? Le opinioni sul caso sono divergenti, e in qualche modo dipende da caso a caso. Ma quando Israele e in particolar modo i “sionisti” diventano la radice di tutti i mali del mondo, si esaltano i terroristi di Hamas in merito a una strage, si fa riferimento a fantomatiche lobby che controllerebbero i media, o si identifica l’intero popolo ebraico o israeliano come infido, criminale e responsabile collettivamente delle politiche governative, credo che l’antisemitismo sia lampante. Dove “sionisti” non diventa altro che un sinonimo di “ebrei” o “israeliani” e le sue lobby con i “tentacoli dovunque” non sarebbero altro che un retaggio del cospirazionismo che dette origine ai “Protocolli dei Savi di Sion”. D’altro canto in buona parte della sinistra domina ancora un’obsoleta dialettica oppresso/oppressore, nella quale il presunto ex colonizzato del Sud del mondo, in tutte le sue forme di lotta, è sempre ontologicamente buono – come il “buon selvaggio” di Rousseau – mentre colui che rappresenterebbe un indistinto Occidente è inequivocabilmente malvagio e appunto colonizzatore. Un concetto ritenuto universale che si dimostra fallace proprio se utilizzato per raccontare una realtà storica complessa come quella israeliana. Nella quale i ruoli di oppresso ed oppressore o colonizzato e colonizzatore slitterebbero di continuo. L’ebreo maghrebino o iracheno fuggito dal proprio paese decolonizzato in quale categoria andrebbe collocato? E il dirigente di Al-Fatah che vive protetto nella propria villa mentre il resto della popolazione da lui governata subisce la povertà e la fame? Di più Israele è spesso percepito da molti suoi detrattori come uno stato fondato su base etnica o addirittura teologica, un elemento “occidentale” estraneo rispetto al contesto medio-orientale, senza considerare affatto come si è evoluta la composizione nazionale dell’intero Medio Oriente nel secondo dopoguerra, e le divergenze politiche, etniche e sociali anche all’interno della stessa popolazione ebraico israeliana. Rappresentare Israele e il sionismo politico come un unicum nella storia moderna potrebbe dunque facilmente condurre sulle vie dell’antisemitismo.
Il Labour Party coinvolto recentemente in numerosi episodi di antisemitismo, lo scorso giugno ha adottato un codice di identificazione per i casi che potrebbero rientrare nel fenomeno, includendo la “working definition of antisemitism” elaborata tra l’altro dall’Holocaust Remembrance Alliance. Nel documento è esplicitato che “le critiche verso Israele analoghe a quelle dirette contro qualsiasi altro paese non possono essere considerate antisemite”, ma invece “negare il diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico”, “considerare gli ebrei più fedeli a Israele che agli interessi dei propri stati”, o “trarre relazioni tra la politica israeliana contemporanea con quella nazista” sono inclusi come esempi di antisemitismo. Sempre nel Regno Unito, e a proposito del Labour, l’Institute for Jewish Policy Research, in uno studio del 2017 ha rilevato che gli elettori del Labour non sarebbero più propensi della media britannica a sostenere atteggiamenti antisemiti. Un sondaggio partito nel 2015 e commissionato dalla Campaign Against Antisemitism ha notato anzi che i sostenitori del Partito Conservatore o dell’Ukip sarebbero invece più toccati da questa attitudine. Il primo studio ha comunque concluso che per quanto l’animosità per gli ebrei sia più diffusa a destra, più forti saranno le opinioni anti-israeliane di una persona anche di sinistra – in una scala da 0 a 5 – , e maggiori le probabilità di sostenere atteggiamenti antisemiti veri e propri.