Fonte:
La Stampa
Autore:
Elena Loewenthal
La guerra più difficile nella storia di Israele
E’ una guerra difficile, tremendamente difficile. Forse la più difficile delle tante che nei suoi settantacinque annidi storia Israele si è trovato a combattere suo malgrado, nessuna di esse voluta e iniziata dallo Stato ebraico. È una guerra non lineare, perché cominciata con un pogrom a tutti gli effetti. La violazione massiccia di confini considerati sino al 7 ottobre protetti, un massacro di civili, il rapimento di una smisurata quantità di persone, uomini, donne e bambini. Ad oggi, ci sono ancora più di cento ostaggi nelle mani di Hamas. Vivi? Forse. Come? Chi lo sa. È una guerra lunga e logorante. Più di tante altre. Perché è tutt’altro che una guerra lineare, sul terreno, sul campo di battaglia, sul piano mediatico. L’equazione «le vittime (della Shoah) sono diventate i carnefici» continua a raccattare consensi ovunque nel mondo, con la purtroppo prevedibile conseguenza di una montata di antisemitismo. È un’equazione pratica, che mette al riparo da ogni complessità, fa risparmiare qualunque sforzo di ragionare sull’intrico di circostanze che questo conflitto porta con sé. Non è invece facile mettere il mondo di fronte a una domanda tanto necessaria quanto scomoda: di chi è la responsabilità di queste — tante, troppe —vittime? Di chi è la responsabilità della fame che attanaglia Gaza e che è lo sfondo dell’eccidio di due giorni fa, attorno al convoglio di aiuti? No, non è certamente solo di Israele. Le responsabilità — tante e diverse, tutte nefaste — delle condizioni a Gaza, prima e durante questa guerra, non sono tutte di Israele. Anzi. La disparità evidente di questo conflitto, circa millecinquecento morti in Israele a fronte di decine di migliaia a Gaza, non è colpa né responsabilità soltanto di Israele. Se le decine di migliaia di missili lanciati nelle prime settimane di guerra da Gaza verso il territorio d’Israele non avessero incontrato un sistema di difesa concepito per proteggere i cittadini israeliani (ebrei, arabi e quant’altro), i morti in Israele sarebbero innumerevoli, il Paese e la sua umanità sarebbero stati cancellati. L’obiettivo di Hamas era e resta quello. Il fatto che i morti israeliani siano molti di meno di quelli palestinesi di Gaza non significa che Israele sia più “cattivo”, crudele e aggressivo del suo nemico. La disparità nel numero delle vittime non è la conseguenza dell’accanimento d’Israele, del suo essere diventato carnefice da vittima che era. È invece l’evidenza di una guerra non lineare, di responsabilità che vanno cercate lontano, ma soprattutto nei sotterranei, politici e materiali: in quei tunnel che Hamas ha scavato sotto scuole e ospedali, facendo dei palestinesi di Gaza un popolo di scudi umani. E tutto questo, che dura da molti anni, è non meno terribile della guerra in corso. Senza contare un altro aspetto, secondario, ma rilevante: l’informazione. Quando qualche mese fa un missile lanciato troppo maldestramente da Gaza è finito nel parcheggio di un ospedale, poco lontano, l’opinione pubblica e la politica mondiale non ci hanno messo più di un quarto d’ora ad accusare Israele di un fantomatico massacro. Quando Israele dichiara di avere le prove che alcuni dipendenti dell’Unrwa hanno partecipato attivamente al massacro del 7 ottobre, l’opinione pubblica e la politica mondiale reagiscono in primis con un certo qual scontato scetticismo. Questa guerra non è lineare anche perché è il teatro di una dissimetria comunicativa sull’attendibilità delle fonti. Il presupposto di ogni informazione che arriva è che lo Stato ebraico la manipola, mentre dal fronte opposto, Hamas, giunge tal qual è nella sua verità. Il contesto mediatico ha, certo, un peso infinitamente meno rilevante rispetto a quello umano, di chi la guerra la subisce davvero. Su entrambi i fronti. E questa è una guerra che sta facendo troppe vittime. Tutto questo senza, naturalmente, dimenticare le colpe e le mancanze di un governo israeliano pessimo, incapace di gestire questa guerra e ragionare sul futuro prossimo del paese. Netanyahu e i suoi ministri hanno commesso e continuano a commettere errori imperdonabili, che dovranno scontare. Ma questa guerra e le decine di migliaia di vittime innocenti che sta mietendo ha dei mandanti ben precisi, ed è a loro più che allo Stato ebraico che vanno ascritte, le responsabilità di ciò che continua ad accadere.