Fonte:
Il Foglio
Autore:
Gilberto Corbellini
Perché i complottisti crescono e si moltiplicano
È una vera e propria epidemia ormai, l’infezione complottista. E l’Italia, tra i paesi sviluppati, è uno dei più colpiti dagli effetti dei deliri cospirativi. Nessun paese è immune. Ma qui muoiono persone a causa di paranoie cospirative: inevitabile se si crede di poter curare il cancro con le vitamine, perché la chemioterapia e i farmaci antitumorali sono usati dai medici che complottano con case farmaceutiche e poteri occulti. Sempre da noi si stanno smantellando le basi etiche e cognitive della convivenza civile e democratica: i leader paranoici e illiberali del Movimento 5 stelle basano i loro ragionamenti o scelte irresponsabili paventando quasi solo macchinazioni pluto-massonico-spionistiche-eccetera. Perché crediamo nei complotti? Quali conseguenze ne vengono e che tipo di persona è un complottista? Si può fare qualcosa? Una teoria cospirativa è un insieme di false credenze per cui si accusano una, più persone o un’organizzazione di aver causato o nascosto un fatto attraverso una macchinazione, allo scopo di perseguire un preciso obiettivo malevolo, dannoso e spesso illegale. È almeno dalla scoperta del fenomeno della dissonanza cognitiva, cioè nei primi anni Sessanta, che gli psicologi studiano le manifestazioni dell’attaccamento emotivo delle persone per credenze assurde basate su idee cospirative. In quegli anni, il tema in voga erano Ufo e alieni. La dissonanza cognitiva dice che di regola le persone non abbandonano quello in cui credono di fronte a prove contrarie, ma manipolano i fatti e gli argomenti per conciliare le contraddizioni. Ne deriva che è tempo perso cercare di convincere qualcuno – se è un adulto e dice di pensare con la propria testa, portando fatti e usando la logica – che le cospirazioni a cui crede non esistono. Credere ai complotti doveva essere vantaggioso, o almeno non dannoso, per i nostri antenati preistorici, visto che quelli predisposti a crederci ci hanno lasciato questo tratto in eredità. Ma allora non disponevano di conoscenze e metodi scientifici per stabilire come stanno i fatti, né di leggi scritte e governi democraticamente eletti. Sospettare complotti poteva servire per non finire facilmente preda delle manipolazioni sociali da parte delle aggregazioni di potere. Da quando siamo entrati nella modernità, le teorie complottiste sono una minaccia per l’uso di conoscenze e metodi che si usano perché la loro efficacia è provata. Un altro esempio di mismatch tra le nostre disposizioni psicologiche selezionate dall’evoluzione, e il mondo nel quale oggi viviamo. Per avere un’idea delle conseguenze, si pensi alle vaccinazioni: si tratta della più controllata pratica medica, ma i complottisti la considerano una macchinazione dei governi e di Big Pharma. Lo stesso si potrebbe dire per gli Ogm, per la chemioterapia antitumorale, eccetera. La ricerca psicologica, antropologica e sociologica ha dimostrato che le teorie complottiste producono effetti sociali e sanitari negativi, peggiorano la trasparenza delle decisioni politiche, rafforzano ideologie dominanti, riducono l’intenzione di adottare stili di vita salutari. Inoltre, sono associate ad atteggiamenti e comportamenti sessuali più a rischio in alcuni gruppi controculturali, ad atteggiamenti meno egualitari rispetto ai diritti umani (per esempio a orientamenti razzisti) e a violenza politica. Si sono studiate anche le differenze individuali, cioè la possibilità di misurare la predisposizione delle diverse persone a sviluppare credenze in piani cospirativi. I tratti psicologici associati più affidabilmente a forti credenze cospirative sono: sfiducia nell’autorità, cinismo politico, bassi livelli di autostima, autoritarismo e credenze nel paranormale. Credere in teorie cospirative è regolarmente associato con il rifiuto delle scoperte scientifiche! L’ideazione cospirativa fa ampio uso di bias ed euristiche, cioè ragionamenti fallaci. Per esempio, l’errore di attribuzione (attribuire la causa di un comportamento alla personalità/disposizione di chi lo compie, sottostimando l’influenza del contesto), l’euristica della rappresentatività (tendenza ad accettare spiegazioni che sono proporzionali alle conseguenze di un evento) e la suscettibilità alla fallacia della congiunzione (errore di ragionamento probabilistico che si ha quando le persone sovrastimano la probabilità di eventi congiunti). Ci sono infine prove che alcune condizioni al limite della psicosi clinica, come processi di pensiero disorganizzati e incapaci di generare informazione analitica, sono significativamente associate con la credenza in teorie cospirative. Non serve essere psichiatri per rendersi conto che alcuni leader politici, intellettuali, artisti, eccetera che credono ai complotti sono borderline. O anche oltre. Si può fare qualcosa per limitare il contagio complottista? Esistono vaccini? Forse si, ma come quelli più efficaci vanno somministrati nelle fasi precoci della vita. Si sa per esempio che esistono alcuni concetti o idee che sono essenziali per capire come funzionano le società moderne e perché sono migliori. Un buon insieme di questi strumenti li illustra lo psicologo dell’intelligenza James Flynn (“Osa pensare”, Mondadori, 2014). Di fatto si tratta di nozioni che sarebbero previste in un’istruzione scientifica e umanistica liceale e universitaria Ma non sono quasi mai obiettivi di apprendimento. Men che meno in Italia Alcuni studi hanno dimostrato che anche gli adulti possono essere curati dalla malattia complottista, se si somministra loro del sano pensiero analitico. Questo si potrebbe fare, per esempio, usando più sistematicamente il ragionamento analitico nei mezzi di informazione.