Fonte:
la Repubblica
Autore:
Cosimo Cito
Il rifiuto di Aboutreika: “Con i sionisti non gioco”
Il giocatore era stato invitato da Javier Zanetti. La decisione presa per non dover incontrare Benayoun e altri calciatori di religione ebraica
Con i sionisti non gioco». Non sarà occasione di nulla, almeno per Mohamed Aboutreika, la Partita per la pace patrocinata da Papa Francesco e promossa da Javier Zanetti. Il 1° settembre all’Olimpico ci saranno Del Piero, Robi Baggio, Buffon, Ronaldinho, Valderrama, Pirlo, Eto’o, decine di altri, e anche Yossi Benayoun, Dudu Auate e Tomer Hemed. Gli ultimi tre hanno agli occhi dell’egiziano Aboutreika una caratteristica insopportabile: sono ebrei.
Musulmano, laureato in filosofia, giocoliere impareggiabile col pallone tra i piedi, tanto da guadagnarsi il titolo di “miglior giocatore di ogni tempo che non abbia mai giocato in Europa o in Sudamerica”, il 35enne Aboutreika era stato invitato a Roma dalla Fondazione Pupi di Javier Zanetti, l’ente benefico promotore della prima Partita inter-religiosa per la pace, un evento al quale la Rai dedicherà una diretta W in mondovisione il 1° settembre. La partita, presentata in pompa magna in Vaticano ieri mattina, richiamerà tutto il calcio che conta, di oggi e di ieri. Aboutreika, contattato personalmente da Zanetti, però ha detto no, niente da fare.
Non c’era calciatore sulla Terra meno adatto, del resto, di Aboutreika, fantasista finissimo e pensatore contundente, a mettere piede in campo in un evento che reca nel nome la parola pace. “Avesse giocato a calcio, Allah avrebbe avuto le movenze di Aboutreika” disse una volta un suo allenatore, fulminato dal genio di questo egiziano lungo lungo, tutto veroniche e dribbling, ma anche incendiato da simpatie per la causa palestinese sempre orgogliosamente esibite. Nel 2008, dopo un gol al Sudan con la sua nazionale, il fantasista mostrò una maglia con la scritta ” Sympathize with Gaza” , e non lo fermò il richiamo della Caf, la confederazione africana. Dopo ognuno dei quasi 100 gol realizzati con la maglia dell’Al-Ahly, Aboutreika si inginocchiava verso la Mecca e schioccava un bacio all’erba, come impone la salat. Nessuno come lui ha intrecciato la sua arte pedatoria con i dettami del Corano, nessuno ha vinto di più nel Continente Nero, 5 campionati egiziani, 3 Champions League, cinque volte miglior giocatore africano, tutto il conquistabile, con classe e personalità esondanti. Il suo sorrisone e il suo talento smisurato arrivarono anche in Italia nel 2009, quando il minuscolo Egitto campione d’Africa mise ko in Confederations Cup la nazionale di Lippi: lui tirò il calcio d’angolo, Homos segnò di testa. Entrambi si inginocchiarono verso oriente, e pregarono. Fu festa nazionale.
Era in campo anche a Port Said, nel 2012, quando le tifoserie di Al-Ahly e Al-Masry si picchiarono a sangue e lasciarono sul terreno 73 morti. Un supporter gli spirò tra le braccia, e lui il giorno dopo mise i panni del capopopolo e disse “le forze dell’ordine non hanno fatto nulla, era un attacco pianificato”. Non poteva, non doveva, e invece era sulle barricate, Aboutreika, il cui nome in Egitto da allora fa abbassare il capo a chi lo ascolta, potente come un gong. E oggi è ancora lui. “A Roma con i sionisti no, non posso esserci”, l’ha scritto su Twitter, e ha poi aggiunto “stiamo dando un esempio alle nuove generazioni, per questo ho rifiutato l’invito”. Presto altri potrebbero seguirlo e mandare in frantumi il senso di un evento che ha come simbolo un ulivo. Anche il connazionale Wael Gomaa starebbe vacillando, e altri cadranno, seguendo l’esempio del Comandante. Nessuna distensione, nessun messaggio positivo. La via della pace, se mai ce ne sarà una tra Israele e Palestina, non passerà di certo dal prato dell’Olimpico.