Fonte:
Il Piacenza
All’università Cattolica di Piacenza per un incontro di studio sul tema “La legalità del male” Giorno della Memoria 2023 promosso dal corso doppia laurea Diritto ed Economia
Tutti possiamo fare qualcosa, ogni giorno, nel nostro piccolo, perché siamo noi gli artefici di una legislazione che possa influenzare i processi di riconoscimento e fare come i nostri martiri: stare uniti, insieme».
Così in sintesi l’intervento di Noemi Di Segni presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane intervenuta all’aula Mazzocchi dell’Università Cattolica di Piacenza per un incontro di studio sul tema “La legalità del male” Giorno della Memoria 2023 promosso dal corso doppia laurea Diritto ed Economia dell’Università Cattolica, campus di Piacenza.
«Da Auschwitz non si esce mai – ha sottolineato – è dentro di noi e lo viviamo ancora nel presente; c’è ancora antisemitismo, in Italia forse meno forte che in altri Paesi, ma c’è ancora un’amnesia che deve essere rimossa, come l’odio e tutte le forme di antisemitismo; ma per farlo bisogna capire perché succede questo, comprendere le distorsioni che offendono la nostra memoria, facendo chiarezza sul percorso che ha compiuto l’Italia; va combattuta l’ottusa burocrazia che ancora blocca i riconoscimenti dovuti a molti anziani ancora viventi colpiti dalle leggi razziali e per far questo occorre che i ragazzi possano trasmettere con forza un messaggio ai loro coetanei e alle loro famiglie. La memoria dell’antisemitismo è purtroppo memoria del presente».
«Diffusissimo nei social, negli stadi, ma anche in ambienti più colti – ha proseguito – si prendono a pretesto i soliti argomenti: la finanza ebraica, la lobby, il potere mediatico, e sempre più spesso, più o meno pretestuosamente, Israele e la sua pur argomentabile politica. Di tanto in tanto, l’inevitabile e assai tardiva presa di coscienza propone targhe a riconoscimento delle ingiustizie del passato. Targhe sulle leggi razziali, che in verità sono state leggi razziste. Ma ormai il male è stato fatto e non è sanabile: persone e famiglie sono state espulse dalla società come corpo estraneo, umiliate, emarginate, gettate sul lastrico fra nell’imperturbabilità di tutti, e, illudendosi di potersi salvare, si sono convertite o la disperazione le ha fatte emigrare per sempre, tradite dal loro paese, o hanno trovato soluzione ultima nel suicidio».
A 85 anni dalla legislazione antiebraica fascista, l’appuntamento, nell’ambito delle iniziative dedicate al Giorno della Memoria 2023, ha inteso costituire un’occasione di riflessione pubblica in merito a eventi particolarmente dolorosi della storia del nostro Paese: l’emanazione dei ‘provvedimenti per la tutela della razza italiana’ degli anni 1938 e seguenti, hanno infatti inferto una ferita incancellabile al mondo ebraico, non solo italiano, anche per effetto di una invasività nella società e nelle istituzioni del tempo che non può che lasciare sgomenti.
Dopo il saluto del Rettore dell’Università Cattolica professor Franco Anelli, l’incontro moderato dal professor Marco Allena, ha preso la parola il professor Saverio Gentile, studioso della legislazione antiebraica fascista e storico del diritto della facoltà di Economia e Giurisprudenza della Cattolica a Piacenza, che ha trattato dei profili storico-giuridici della persecuzione antisemita del regime fascista.
Ha ricordato il Manifesto della razza degli scienziati razzisti, le dichiarazioni del Fascismo sulla razza e tutti i numerosi provvedimenti che hanno allontanato dalla vita pubblica tutti gli ebrei che pur erano un cardine della vita sociale e culturale italiana, obbligandoli alla fame, alla miseria, escludendoli persino da ogni attività ludica, dalle scuole, dalle professioni; «l’antisemitismo come “snobbismo dei poveri”, un metodo utilizzato in tutte le classi sociali per eliminare scomode concorrenze».
Carla Antonini, direttrice dell’Istituto di Storia contemporanea di Piacenza, si è invece soffermata sulla discriminazione razziale e la deportazione realizzatesi nella città di Piacenza tra il 1938 e il 1945 fornendo precisi dati che confermano come anche nella nostra città e provincia il fascismo abbia perseguito con feroce determinazione la vita di tante famiglie ebree anche loro poi trasferite nei campi di concentramento dove hanno perso la vita.
Un ricordo che non deve mai svanire, ma che deve essere rafforzato e trasferito a tutte le giovani generazioni.