Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Massimo Franco
Se la lettura della guerra divide Israele e Santa Sede
La possibilità che spuntassero voci dissonanti sul massacro commesso dai terroristi palestinesi di Hamas in Israele era messa nel conto. Gli ambigui distinguo del M5S, alcune sacche filopalestinesi della sinistra, la nebulosa antiebraica rispuntata tra organizzazioni estremistiche erano prevedibili. Pochi, tuttavia, potevano immaginare che le stragi potessero aprire una crepa nei rapporti tra lo Stato ebraico e la Santa Sede. Di più: con tutti i capi delle altre fedi a Gerusalemme. E invece la tragedia rischia di rinfocolare anche un conflitto tra religioni. Non solo quello atavico tra Islam ed ebraismo, e tra musulmani sunniti finanziati dall’Arabia saudita e sciiti sostenuti dall’Iran. La novità è l’incrinatura che si delinea tra ebrei e cristiani. E questo mentre a Roma un convegno all’Università Gregoriana si confronta con la memoria di Pio XII, il «papa dei silenzi» sui lager nazisti. Una nota durissima dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede ieri ha accusato di «immorale ambiguità linguistica» il testo, definito «estremamente deludente e frustrante», diramato il 7 ottobre dai «Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme». A irritare Israele è il fatto che non sia stato citato Hamas, il gruppo terroristico che ha attaccato Israele e compiuto le stragi. «Dalla lettura del testo», si fa notare, «non si riesce a capire cosa sia successo, chi fossero gli aggressori e chi le vittime. E particolarmente incredibile che un documento così arido sia stato firmato da persone di fede». Tra loro c’è anche il nuovo cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca della Terra Santa, e questo spiega perché la nota dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede. L’accusa alla chiesa cattolica di essere filo-palestinese non è nuova; e riflette una realtà storica. Diventa però potenzialmente esplosiva di fronte a una tragedia provocata dal terrorismo islamico, che spazza via qualunque tentativo di mediazione e convivenza pacifica, imponendo una logica bellica. In questi decenni gli sforzi per una riconciliazione sono stati aiutati da un confronto costante, sebbene non facile, tra la Roma papale e Gerusalemme. Quanto accade, invece, può far regredire il dialogo. Mette in risalto la fragilità della presenza cristiana in Israele e in Medio Oriente: un declino progressivo della sua presenza e del suo peso. E sottolinea la difficoltà di trovare un linguaggio comune quando Hamas e gli altri gruppi della Jihad islamica colpiscono ebrei inermi con la ferocia dimostrata in questi giorni. Nelle parole del segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin sull’attacco «terribile e spregevole» e sulla fine di «tutte le speranze di pace», si indovina il timore di una deriva che potrebbe coinvolgere in una logica di guerra anche le fedi religiose.