Fonte:
www.conspiracywatch.info
Mathieu Kassovitz, ancora posseduto dal demone del complotto
Mathieu Kassovitz è ben lungi dall’averla finita con la teoria del complotto. Questo è ciò che apprendiamo dall’eccellente ritratto firmato da Marie-France Etchegoin su M – il supplemento settimanale de Le Monde – di questo fine settimana.
Per quanto riguarda gli attacchi dell’11 settembre 2001, su cui continua a «[svolgere] l’intera gamma di argomentazioni dei contestatori della “versione ufficiale”», l’attore e regista francese sembra «divorato da una sorta di fuoco interiore». Riprendendo per suo conto il concetto – molto in voga nella “sfera del complotto” – di “Stato profondo”, Kassovitz quindi trova altamente sospetto che gli americani non avessero preso Osama bin Laden vivo e rimane convinto che nessun aereo si sia schiantato sul Pentagono.
Per pietà o per scelte editoriali, l’articolo di M non ritorna sull’uscita complottista di Kassovitz sulla strage alla scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa, quando il regista de La Haine sembrava ignorare «chi ha ucciso questi bambini ebrei ». «Siamo sicuri, continuava in un tweet rimosso da allora, che sia Merah e dobbiamo credere alla versione ufficiale nonostante le zone d’ombra?»
Nipote di sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti e figlio di un bambino ebreo nascosto durante la guerra, Mathieu Kassovitz è il narratore di Apocalypse, una serie di documentari dedicata alle origini della seconda guerra mondiale e al dilagare dei totalitarismi, coautrice, Isabelle Clarke, che con lui condivide la sua passione per l’11 settembre. Ciò vuol dire che avrebbe potuto prendere male l’analogia fatta da alcuni tra la sua ossessione complottista e il negazionismo. «Ovviamente, non nega la Shoah», spiega suo padre. Ma allora, che termine utilizzare per descrivere le osservazioni fatte sui passeggeri del volo 77 dell’American Airlines – cioè l’aereo che si è schiantato sul Pentagono l’11 settembre 2001 -, i cui «due terzi sarebbero stati», secondo lui, «in qualche modo persone affiliate al governo, o all’FBI, o alla Lockheed Martin, o al mondo dell’aviazione»?
E come spiegare la sua amicizia di lunga data con il rapper cospirazionista Mathias Cassel, alias Rockin’ Squat, che l’anno scorso ha scritto la prefazione di un libro del militante radicale e antisemita Kémi Séba? O che è colui che si rallegra su Twitter della condanna del “fascio” Alain Soral, andato fino in Libano a fare visita al depistatore cospirazionista Thierry Meyssan, parente, per precisione, di Alain Soral, e di un regime iraniano che ha eretto la negazione dell’Olocausto come vera e propria linea della sua politica estera?