Fonte:
Il Messaggero
Autore:
Franca Giansoldati
Affile, sindaco condannato
per il sacrario a Graziani
Polemiche sulla sentenza
Il primo cittadino e due assessori responsabili di apologia del fascismo. Zingaretti: «Cancellatelo». FdI: «Verdetto ingiusto»
ROMA Il mausoleo di pietra tufacea con su scritto «Patria e Onore» consacrato alle gesta del Maresciallo Rodolfo Graziani per il momento resta al suo posto, nel centro di Affile, un paesino adagiato nella valle dell’Aniene. In questi cinque anni è divenuto famoso per le feroci polemiche. Persino il New York Times – quando iniziò il processo in tribunale contro il monumento e il sindaco che lo aveva permesso – si interrogava come fosse possibile dedicare un monumento alla memoria di «the butcher», il macellaio, uno dei tanti nomi con i quali era conosciuto il gerarca, un criminale di guerra secondo la lista stilata nell’immediato dopoguerra dall’Onu.
RESISTENZA
Il processo si era avviato dietro una denuncia presentata dall’Anpi, alla quale si erano associati cammin facendo anche i Comuni della Resistenza, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema, ma la causa è destinata a continuare ancora, anche se ieri mattina il giudice ha condannato in prima istanza il sindaco Ercole Viri e due assessori della sua giunta, Giampiero Frosoni e Lorenzo Peperoni, rispettivamente a otto e sei mesi per il reato di apologia di fascismo. L’Anpi ha subito esultato ripetendo che quell’«obbrobrio di monumento è una ignobile offesa alla Memoria collettiva». L’avvocato Francesco Mandarano che rappresenta i Comuni medaglia d’oro, invece, lamentava che il giudice aveva ignorato la richiesta di confisca del monumento. La Procura nel frattempo faceva sapere che non si fermerà e andrà in appello viste le richieste di pene maggiori. Insomma, la saga del monumento è destinata a continuare nelle aule di giustizia sollevando all’esterno altre ondate polemiche.
SOLIDARIETÀ
Poco dopo la sentenza alcuni esponenti regionali di Fratelli d’Italia si palesavano per manifestare solidarietà al sindaco Viri. «Una sentenza ingiusta». Dalla parte opposta si è levata la voce del Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti che riassumeva il percorso burocratico del monumento, peraltro finanziato con denaro pubblico. Circa 130 mila euro. «Già a luglio un’altra sentenza, sempre del tribunale di Tivoli, ci aveva dato ragione perché l’amministrazione comunale di Affile non aveva provveduto a cambiare l’intitolazione. Intitolare a Graziani quel monumento è stato un atto improprio da parte del sindaco che ha usato fondi regionali per celebrare un criminale. Si provveda a cancellare questa vergogna dalla nostra regione».
CIRENAICA
Gli storici, grazie all’apertura di molti archivi, hanno ormai ben poco da scoprire sulle gesta di Graziani. In Cirenaica e in Etiopia, che all’epoca della invasione nel 1935-1936 veniva chiamata Abissinia, ordinò cruente stragi di civili. Quello che il sindaco di Affile si ostina a definire «uno dei nostri concittadini più illustri» non ebbe esitazione ad usare il gas iprite sulle popolazioni civili etiopiche. In un messaggio telegrafato al generale Pirzio Biroli si compiaceva: «Preti e monaci adesso filano che è una bellezza». Con ogni probabilità si riferiva al massacro di Debra Libanos dove si trova un monastero copto in cui furono sterminati pellegrini, monaci, bambini, giovani seminaristi. Per un totale di duemila persone. Le vittime furono portate a gruppi sull’orlo di un dirupo, fatti inginocchiare una accanto all’altra per poi essere centrati dalla rosa delle mitragliatrici. Si sparò per cinque ore senza. Al comando delle truppe c’era il generale Maletti ma il Maresciallo Graziani fece rapporto a Mussolini rivendicando la completa responsabilità.
IPRITE
In Cirenaica furono allestiti dei campi di concentramento nel deserto (16 in tutto) dove mandò a morire migliaia di civili. Gli storici annotano anche la strage, sempre causata dall’iprite, di circa 800 civili che si erano rifugiati nelle caverne sull’altipiano dell’Amba Aradam per sfuggire alla cruenta battaglia tra l’esercito fascista e le truppe etiopi. Una carneficina. A terra rimasero 20 mila soldati etiopi. Il fatto che Graziani non sia stato condannato, come avvenne per altri criminali nazisti come per esempio Himmler o Goering, è che non vi fu mai una Norimberga italiana. Per motivi legati alla realpolitik. Graziani fu invece processato e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo, ma scontati quattro mesi fu scarcerato. Visse e mori ad Affile nel 1955 dove è sepolto.