31 Dicembre 2019

Commento di David Sorani al “caso Maraini”

Fonte:

Moked.it

Autore:

David Sorani

Maraini e i complessi dell’Occidente

Il caso Maraini continua a far parlare di sé, anche se – fortunatamente – siamo ormai nella fase di ricucitura. Dopo le analisi critiche dell’inquietante articolo esemplarmente condotte da Rav Riccardo Di Segni e dalla Presidente UCEI Noemi Di Segni (che davvero hanno fatto il pelo e il contropelo a quella manifestazione di antigiudaica ignoranza), dopo l’ennesima denuncia – da parte di Gadi Luzzatto Voghera – del vuoto di conoscenza biblica che anche ad alto livello circola nel nostro paese, dopo l’arrampicata sugli specchi con cui la scrittrice ha tentato di rimediare quando la frittata era già fatta (ma “voce dal sen fuggita…” con quel che segue), siamo giunti ai distinguo e ai doverosi, importanti interventi di apprezzamento della Torah da parte di voci della Chiesa. Esito significativo, perché permette di archiviare i timori di un’eco cattolica ufficiale a un riemergere dell’antigiudaismo cristiano. Esito forse un po’ ridondante, perché appare quantomeno singolare che la Chiesa riscopra oggi l’ “Antico Testamento”, il suo messaggio di misericordia, le sue centrali figure femminili: elementi già da tempo introiettati nella visione cattolica e capaci di arricchire il dialogo con l’interpretazione ebraica.

Ma la ferita che il pezzo di Dacia Maraini sul Corriere ha messo in risalto (e che evidentemente già esisteva) è ancora aperta. La domanda rimasta in sospeso è: qual è la causa reale di quelle pesanti parole? Cosa c’è davvero a monte di accuse così dure verso la “religione dei padri”? Il significato di fondo del messaggio vuole evidentemente essere l’attualità e la perennità del Natale cristiano, indicato dall’autrice quale esempio di vero bene e impulso intramontabile verso un riscatto morale. Si tratta di un assunto per noi certo discutibile, ma perfettamente lecito in una intellettuale cristiana per quanto sedicente laica.

Il percorso seguito la porta però fuori strada. L’inghippo di cui resta prigioniera sino a sconfinare nella menzogna antigiudaica è figlio del buonismo dei nostri giorni. Il bisogno diffuso di sentirsi “buoni” e di ritrovare l’innocenza perduta fa gravare sulla coscienza dell’uomo d’oggi il peso delle secolari colpe dell’Occidente (verso i poveri, gli emarginati, i popoli colonizzati oppressi o sterminati, le donne perennemente discriminate e sfruttate). Il rifiuto dell’altro che ha caratterizzato la storia sembra effettivamente riproporsi in questo periodo di tragiche migrazioni, di negate o difficili accoglienze, di verticistica globalizzazione economica, di nuove guerre tribali, di terrorismo feroce. Di fronte alla barbarie di oggi il richiamo all’atteggiamento cristiano rappresentato dal Natale diventa, nel giorno in cui tutti sono un po’ ipocritamente invitati a sentirsi e a essere più “buoni”, un esempio di cambiamento rivoluzionario rispetto al mondo e alla legge precedenti, a loro volta rappresentati – guarda caso – dall’ebraismo. Ecco dunque che l’ebraismo è pronto a divenire, nella percezione a forti chiaroscuri della Maraini, un modello negativo di chiusura e di vendetta. E’ certo innegabile che il concetto cristiano dei rapporti umani e sociali abbia significato un rovesciamento rispetto alla visione del mondo delle società antiche. Peccato però che alla nostra scrittrice sfugga come sia innanzitutto la Torah (non a caso fonte dello stesso cristianesimo) a parlare degli inalienabili diritti del povero, dello straniero, della vedova e dell’orfano, e a trasformare in precetti positivi questa concezione aperta dei rapporti interpersonali.

C’è da chiedersi perché solo pochi abbiano posto l’accento su questa svolta rivoluzionaria, precedente quella cristiana (conosciamo già la risposta: si chiama “pregiudizio”). C’è da chiedersi perché Dacia Maraini sia pronta a vedere nell’ebraismo un modello di arcaismo oppressivo e non sia attenta a descrivere gli ebrei come minoranza perennemente emarginata e perseguitata (temo che la risposta sia analoga alla precedente). C’è da chiedersi perché non apra la sua riflessione e la sua introspezione al tema oggi drammaticamente attuale dell’antisemitismo riemergente e dilagante.

Eppure tra i fantasmi del passato capaci di alimentare i sensi di colpa dell’Occidente l’antiebraismo non occupa certo un posto secondario.