Fonte:
Mosaico
Autore:
Ludovica Iacovacci
“Cara Liliana”: così comincia la conversazione tra Liliana Segre, Testimone e Senatrice a Vita, e Marco Vigevani, Presidente Comitato Eventi Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, tenutasi in occasione del 27 gennaio 2025. Un dialogo che ruota attorno a una domanda che Liliana pone spesso: la Shoah sarà solo una riga nei libri di Storia? Per lei il rischio è concreto. Come possiamo comportarci affinché questo rischio venga scongiurato?
“Ho sempre studiato la storia, era la mia materia preferita al liceo” inizia in questo modo l’intervento di Liliana Segre. “Ho visto, senza alcuna inclinazione politica o religiosa, come le vicende del passato siano state dimenticate dal mondo o raccolte in una data. Dopo un po’, nei programmi scolastici, come nel 1984 di Orwell, il governo decide cosa c’è da sapere. Quando sarà finita la generazione dei figli e dei nipoti dei superstiti della Shoah, ci saranno degli interessi superiori per cui si dimenticherà e non si parlerà più di qualcosa. Nel migliore dei casi rimarrà una riga, con una data, approssimativa, di quanto successo. Sono una pessimista”, confida la senatrice.
Si può dire che riguardo alla Shoah sia passata l’emozione fortissima? Non basteranno documenti e parole?
“Sarebbe bello se tu mi convincessi, così i morti non sarebbero stati uccisi invano e la cattiveria non sarebbe dimenticata. Dopo aver letto libri, mi sono molto appassionata alla storia degli armeni. Si provi a chiedere in un contesto di persone che hanno studiato cosa sanno degli armeni. Nel 2015 ho fatto alcune domande a persone di mia conoscenza e forse l’1% ha saputo rispondere”.
Già Primo Levi si interrogava sul ruolo del silenzio. Oggi ci sono molti film, libri, serie tv e iniziative riguardo al Giorno della Memoria. Tutto questo serve? Come mai l’antisemitismo sembra più forte che mai?
“Ci sarebbe da studiare l’evoluzione dell’Europa degli ultimi cinquant’anni. Io quando sono tornata da Auschwitz ho scelto il silenzio perché mi rendevo conto dell’incapacità o dell’indifferenza di capire la tragedia del sopravvissuto, di colui che rientrava in un mondo che voleva rivivere dopo la guerra. Quando ho compiuto cinquant’anni, a distanza di tanti decenni, ho sentito il desiderio di parlarne perché mi rendevo conto che il mondo cambiava ma l’antisemitismo rimaneva. Oggi questo odio contro gli ebrei è manifesto, prima non se ne parlava in termini così sfacciati e vergognosi. Io ho vissuto gli anni Ottanta, Novanta e quando Furio Colombo propose di istituire il Giorno della Memoria, allora giornalisti e partiti politici decisero che si doveva ricordare. Quanto i russi entrarono stupefatti nel campo di sterminio e videro quel mondo incredibile di Auschwitz, da quel momento si scatenò un interesse pazzesco. Vidi ricostruzioni fantasiose. Io avevo vissuto quell’atmosfera di odio e assoluta indifferenza nei confronti dei prigionieri dei campi per due anni, facendo la marcia della morte, e ricordo che nessuno si affacciava da una finestra per buttarci una crosta di pane o una sciarpa. Nell’indifferenza del mondo, nessuno si interessava degli ebrei. Oggi ci si interessa a loro attraverso l’antisemitismo manifesto”.
Oggi le democrazie occidentali sono in crisi, anche per questo è in crisi la memoria della Shoah?
“L’Italia da poco ha aperto i segreti e gli archivi vaticani. Io che sono in Senato ho visto fare da parte un famoso senatore – gli eredi non hanno colpa per quello che fecero i loro parenti – che fu eletto dimenticandosi del suo passato. Molti politici sono stati ignorati e si sono fatti un vestito nuovo. Un vestito nuovo sopra un corpo vecchio”.
La funzione universale del “mai più” potrebbe aiutare?
“Così dovrebbe essere ma non credo che così sarà”.
Cosa dovremmo fare?
“Quando sono entrata in Senato, anche spaventata da quel contesto che non mi apparteneva, ho pensato al fatto che potevo lasciare un ricordo. Io sono presidente di una Commissione straordinaria che ha nel suo titolo recita “per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, mi chiedo se servirà. Ci sarà Qualcun Altro che raccoglierà questa eredità morale o finirà con me?”, conclude Liliana Segre.