Fonte:
Il Giorno edizione di Milano
Autore:
Mario Consani
Nel blitz neofascista al campo X per la procura il reato non c’è
Chiesta l’archiviazione: fu solo una «commemorazione di defunti»
SOLO una commemorazione di nostalgici, non un corteo pubblico per cercare proseliti. Quel blitz del 29 aprile al Campo X nel cimitero di Musocco, quei saluti romani di circa un migliaio di esponenti di estrema destra schierati accanto alle tombe dei caduti della Repubblica di Salò: non c’era l’intento «di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostruzione del disciolto partito fascista» – assicura il magistrato – ma solo una «finalità meramente commemorativa». E questo perché, a differenza di quanto accaduto in anni precedenti, la manifestazione non è stata preceduta da una sfilata pubblica per le vie delle città con l’esibizione di simboli e vessilli tali da rendere concreto il pericolo «attrazione» del consenso verso l’ideologia del Ventennio. E per questo motivo (in linea con pronunce della Cassazione) che il pm Piero Basilone, d’accordo con il capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili, ha chiesto l’archiviazione della posizione di dieci militanti di Lealtà e Azione e di CasaPound, tra cui il leader Gianluca Iannone, indagati per manifestazione fascista e manifestazione non autorizzata. Anche questo secondo reato, infatti, per il pm non si è configurato poiché dalle indagini non è emersa prova che qualcuno dei presenti al Campo X avesse pianificato, diretto o coordinato il blitz durante il suo svolgimento. Secondo la Digos, un migliaio di appartenenti all’estrema destra, senza alcun corteo pubblico per le vie della città, quel giorno si ritrovarono al Campo X del Cimitero Maggiore dove sono sepolti i caduti di Salò per commemorare, come era scritto in un loro volantino, l’anniversario della morte di Carlo Borsani (repubblichino ucciso nel ’45 con un colpo alla nuca da alcuni partigiani), «l’ignobile massacro di Piazzale Loreto (…) e gli efferati assassinii avvenuti per mano dell’antifascismo militante».
L’ULTIMO riferimento è agli omicidi di Sergio Ramelli, lo studente di destra ucciso nel ’75 a colpi di chiave inglese da giovani di Avanguardia operaia e dell’avvocato Enrico Pedenovi, consigliere provinciale missino assassinato l’anno dopo da Prima linea. A differenza di quanto accaduto per analoghe commemorazioni del 2013 e ’14 in strada e in piazza, per le quali la Procura chiese e ottenne il processo di alcuni partecipanti (in un caso prosciolti, nell’altro condannati in primo grado), stavolta il pm Basilone ha ritenuto legittima la commemorazione all’interno di un cimitero, durata circa mezz’ora «in un contesto che deve ritenersi inidoneo a generare il pericolo di suggestione dei presenti» e «senza causare alcun turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica». Ora la parola passa al giudice.