Fonte:
Mosaico
Autore:
Anna Balestrieri
Sono state le indagini della Procura di Brescia, culminate nell’arresto di due operai di origini pakistane, a far scattare l’allarme antisemitismo in città.
Gli inquirenti hanno trovato sui social degli arrestati “post jihadisti, neonazisti, suprematisti, antisemiti, omofobi, l’invito a tenere le donne in casa come schiave”.
Secondo i magistrati, “la radicalizzazione coniuga la matrice religiosa con un profondo sentimento antisemita e omofobo».
Dall’allarme terrorismo, è nata la necessità di una mozione condivisa sull’antisemitismo in seno alle istituzioni locali.
La definizione di antisemitismo dell’IHRA
La definizione di antisemitismo fornita dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance, l’organizzazione intergovernativa fondata nel 1998 che unisce governi ed esperti per rafforzare, promuovere e divulgare l’educazione sull’Olocausto), adottata dal Consiglio dei Ministri italiano il 20 gennaio 2020 e con esso da numerosi comuni italiani (un esempio fra tutti, Firenze), non soddisfa parte dei membri della Commissione istruzione e cultura del Comune di Brescia.
Fanno discutere quei punti della definizione che contrastano con le manifestazioni degli ultimi mesi in città, che hanno rivelato sentimenti e idee in netto e insanabile contrasto con la lotta all’antisemitismo. Poiché se “negare al popolo ebreo il diritto all’autodeterminazione, ad esempio, sostenendo che l’esistenza di uno Stato di Israele è un atteggiamento razzista; applicare una doppia misura, imponendo a Israele un comportamento non previsto o non richiesto a qualsiasi altro paese democratico; paragonare la politica odierna di Israele a quella dei nazisti e ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni dello Stato di Israele” (concetti che rientrano nella definizione IHRA) sono atteggiamenti antisemiti, le proteste di chi, come Titi Amin dell’Associazione Italia-Palestina, definisce gli israeliani i «nuovi nazisti del nostro tempo», non avrebbero più la legittimità di esistere. Così come le manifestazioni per denunciare crimini non commessi, come il bombardamento dell’ospedale di Al Shifa (a Brescia il 18 ottobre), oggetto di una delle tante ritrattazioni di questi mesi da parte di emittenti fuorviate dalla propaganda di Hamas, prima tra tutte la BBC.
Membri scomodi in commissione
La polemica in seno alla commissione è nata a causa della nomina dei relatori.
Secondo l’associazione Italia Palestina, con i relatori Giorgio Zubani (Focolarini), Emanuele Fiano (onorevole Pd), David Meghnagi (professore universitario) e Fiamma Nirenstein (giornalista) la commissione sarebbe stata pro-sionista e squilibrata, e “violerebbe il principio di terzietà” ed andrebbero “sentite voci esperte della materia quali quella del professore Angelo d’Orsi e quella del professore Ilan Pappé, intellettuale ebreo”, (notoriamente anti-sionisti, sicuramente non “neutrali”). La giornalista ha così deciso di declinare l’invito e avrebbe considerato un rifiuto anche il professor Meghnagi, accusato di non essere “imparziale dalle realtà solidali con la Palestina”, secondo l’emittente radiofonica di estrema sinistra Radio Onda d’Urto.
Il fatto stesso di voler censurare qualcuno perché “pro-sionista”, pone i censori nel campo dell’anti-sionismo, che – secondo la stessa definizione IHRA, ma anche secondo una opinione ormai consolidata, a partire dalle parole espresse da Presidente Giorgio Napolitano nel 2016 – «è un travestimento dell’antisemitismo».
Particolarmente problematica la censura dello stimato professor Meghnagi. Ideatore e direttore del Master internazionale in Didattica della Shoah presso l’Università di Roma Tre e membro della Delegazione italiana presso la Task Force for International Cooperation on Holocaust Remembrance and Education, Meghnagi può vantare un curriculum che giustifica la posizione di esperto in una commissione per definire cosa sia l’antisemitismo. Il professore ha accettato l’invito nonostante le polemiche.
Secondo il consigliere comunale di Brescia Capitale di origine pakistana Arshad Mehmood, tuttavia, la mozione sull’antisemitismo non sarebbe altro che una mera perdita di tempo e di risorse dei cittadini, nonché un tentativo della destra di impedire le manifestazioni pro-Palestina.
La comunità palestinese a Brescia
Una sensibilità peculiare per le sofferenze della popolazione civile a Gaza è d’uopo a Brescia, casa da decenni di una nutrita comunità palestinese, che vanta nomi illustri come quelli dei primari Najabi Alrabi e Mohammad Abu Hilal, rispettivamente alla guida di Urologia alla Clinica Sant’Anna e di Chirurgia alla Poliambulanza. Numerosi i palestinesi che hanno condotto i loro studi in medicina e chirurgia presso l’Università di Brescia. Alcuni seguendo poi vocazioni alternative, come Iyas Ashkar, il fondatore dapprima del ristorante palestinese “I nazareni” e poi del concorrente “Dukka”, due realtà imprenditoriali amate e conosciute nel centro città. Ashkar è stato il protagonista di una brillante carriera politica con la lista civica di centrosinistra dell’attuale sindaco Laura Castelletti, che l’ha visto trionfare, guadagnando il posto di consigliere comunale, con 514 voti personali nelle scorse elezioni comunali. Iyas è tra gli ispiratori dell’associazione “Cibo per tutti” che garantisce dalla primavera 2020, nel pieno della prima ondata di pandemia di Covid-19, un pasto ai più bisognosi.
La superficialità nell’utilizzo della parola “genocidio”
Non sono le doverose dimostrazioni di solidarietà ed empatia per un popolo, quello palestinese, ostaggio da decenni di un’organizzazione terroristica, Hamas, che lo usa come scudo umano e merce di scambio, ad inquietare.
È l’utilizzo improprio ed approssimativo del termine “genocidio” a destare preoccupazione. È di una settimana fa la lettera aperta agli ordini delle professioni sanitarie di “Rete dei Sanitari per Gaza” che parla dell’“equivalente di 2 bombe atomiche buttate su Gaza in 3 mesi” e di “genocidio della popolazione civile palestinese”. A meno di dieci giorni dal Giorno della Memoria, sembra ancor più doveroso ponderare l’utilizzo della parola.
Lo sterminio metodico di un’etnia non si configura come la risposta militare, più o meno proporzionata, ad un’aggressione efferata condotta con un attacco premeditato sul territorio di uno Stato sovrano ai danni di una popolazione civile inerme, vittima di torture e stupri.
Rispecchia piuttosto le intenzioni di chi inneggia, come nel presidio del 14 ottobre in Piazza Garibaldi a Brescia, alla pulizia etnica dalle rive del fiume Giordano a quelle del mar Mediterraneo (“From the river to the sea, Palestine will be free”), negando il diritto di Israele ad esistere riconosciuto dalla Repubblica Italiana dal 1948.
Le reazioni politiche
Pietro Ghetti del Partito democratico, presidente della Commissione Cultura, ha tenuto a ribadire in un’intervista radiofonica a Radio Onda d’Urto che il rifiuto della Nirenstein è stato legato a posizioni espresse dall’Associazione Brescia Palestina, non dalla Commissione Cultura del Comune di Brescia, oltre alla necessità di “cercare di rappresentare una complessità riguardo alla situazione e alla tematica, che non è la guerra bensì l’antisemitismo”. Ghetti ha sottolineato che il consiglio comunale ha votato all’unanimità per condannare gli attacchi terroristici del 7 ottobre all’indomani dell’evento. La Loggia, il palazzo del Comune di Brescia, si è vestita però, nelle settimane successive, della bandiera della pace, a differenza di molti comuni italiani ed europei che hanno voluto esporre la bandiera israeliana in solidarietà al popolo colpito.
Nella stessa trasmissione è intervenuto Francesco Catalano, capogruppo della lista “Al lavoro con Brescia”, sostenendo non si sia “mai discussa la questione se si è contro l’antisemitismo ma contro una visione di antisemitismo molto schierata in una maniera”, quella che nega la condanna dello stato di “apartheid in Israele come definito da tutti quanti”. Continuando quindi con l’uso di terminologie errate e denigratorie verso Israele.
L’auspicio è che l’avvio dei lavori della commissione, previsto per venerdì 19 gennaio, sia guidato da esperti che possano elaborare definizioni più solide e professionali di quanto dicono “tutti quanti”.
Fonte dell’immagine: Mosaico