Fonte:
La Stampa
Autore:
Ilario Lombardo
“Sostiene il boicottaggio di Israele” Polemica sul ministro scelto da Di Maio
L’economista e universitario Fioramonti nega, ma un’intervista del 2016 lo incastra
ROMA Lorenzo Fioramonti fa il suo debutto da fantaministro del M5S con una bugia: «Non ho mai sostenuto e non sostengo tutt’oggi, ovviamente, alcun boicottaggio nei confronti di Israele» dice. A inchiodarlo pero è il web dove è semplice trovare una sua intervista alla testata The Daily Vox: «C’è un boicottaggio accademico internazionale contro i funzionari pubblici di Israele, che è supportato da gruppi progressisti sia in Israele sia in Palestina, e ha molto sostegno anche in Sud Africa. Questo boicottaggio è la chiave per una pace equa e sostenibile in Medio Oriente, mettendo in evidenza come dietro la facciata di soluzioni tecnologiche ci sia un sistematico sfruttamento delle comunità palestinesi». Era l’11 febbraio 2016, Lorenzo Fioramonti era ancora solo il direttore del Centre for study of governance innovation ed economista all’Università di Pretoria. «Un popolare accademico – dice il titolo dell’intervista – che rifiuta di partecipare al summit sull’acqua» per protesta contro la presenza dell’ambasciatore israeliano in Sud Africa, Arthur Lenk che avrebbe parlato delle soluzioni di desalinizzazione adottate da Israele. Perché invitare lui, un’autorità e non dei tecnici? – si chiede l’allora prof Fioramonti -. Perché non sono stati invitati a parlare altri rappresentanti di altri Paesi mediorientali con problemi di siccità? «Ci sono abbastanza prove di come Israele porti via l’acqua ai palestinesi» e «abbia una posizione basata su politiche inique e spesso oppressive». Fioramonti non poteva sapere che due anni dopo, diventato il candidato ministro del M5S al ministero dello Sviluppo economico, questa storia gli sarebbe stata scagliata contro dai suoi avversari politici e non solo. Pagine ebraiche, rivista edita dall’Unione delle comunità ebraiche italiane, parla di «inquietudine e indignazione per la candidatura a ministro di un docente di economia contraddistintosi in passato per aver sostenuto la campagna d’odio e boicottaggio contro Israele». Segue il Pd che attacca, anche se qualcuno si spinge oltre e tira in ballo l’antisemitismo che poco c’entra con questa vicenda. Certo è che Luigi Di Maio per difenderlo parla di «fake news», quando la notizia del boicottaggio invece è vera, e lo stesso Fioramonti scivola nel tentativo di eclissare un’intervista che è facilmente rintracciabile. Alla fine l’economista è costretto a rinnegare se stesso e ad adeguarsi al comunicato confezionato dalla comunicazione del M5S che lo sconfessa: «Il M5S disconosce ogni forma di boicottaggio nei confronti dello Stato di Israele in quanto partner economico-politico essenziale nella stabilizzazione delle aree di crisi». Per la Comunità ebraica romana, dopo il comunicato riparatore dei grillini, la faccenda pub chiudersi. Resta comunque l’impressione che, come già dimostrato dal viaggio in Medio Oriente di Di Maio, il M5S non abbia maturato una linea unica su Israele. Due anni fa Manlio Di Stefano costrinse il futuro leader a una polemica con gli israeliani per un’intervista che legittimava Hamas come possibile interlocutore. Proprio sulla gestione idrica, poi, Di Maio fu incalzato per un’interrogazione che il gruppo romano, compresa Virginia Raggi, presento quando era all’opposizione contro l’accordo tra la municipalizzata Acea e il colosso di Israele Mekorot, accusato di deviare l’acqua verso le colonie. Per quanto può, Di Maio tenta di nascondere le contraddizioni interne al M5S ma sa che avendo aperto a figure non militanti del grillismo non tutto potrà essere controllato. Nulla ha potuto per esempio contro Alessandra Pesce, candidata dell’Agricoltura, dirigente dello stesso ministero che, a Tagadà, ha definito «un buon ministro» Maurizio Martina del Pd proprio mentre era seduta accanto a Di Maio che invece aveva bollato come «indegne» le misure del governo sul settore. Oggi sapremo chi sono tutti i nomi della squadra di un ipotetico governo. Intanto è certo Domenico Fioravanti allo Sport. Una scelta, come quella di Fioramonti al Mise, figlia di altre rinunce.