8 Febbraio 2024

Antisemitismo in Francia dopo il 7 ottobre

Fonte:

Avvenire

Autore:

Daniele Zappalà

La sinistra radicale, l’ondata di antisemitismo e le minacce alla Comunità ebraica francese

La love story fra il mondo ebraico e la Francia ha ancora un roseo avvenire? Da mesi, in modo ricorrente, l’interrogativo torna a circolare e talora a divampare nella comunità ebraica transalpina, che conta circa 500mi1a membri e rimane la più numerosa del Vecchio Continente. Ben 42 fra le vittime di Hamas dello scorso autunno possedevano documenti emessi dalla Francia, divenuta così il Paese europeo più funestato dalla tragedia. Ma per gli ebrei transalpini, allo choc dei resoconti e delle immagini insostenibili di quelle ore, si è poi aggiunto quello legato alle reazioni di certi settori politici nazionali. Il tribuno rosso «insubordinato» Jean-Luc Mélénchon, leader della sinistra radicale, non ha mai assimilato Hamas a un organzzazione terroristica, inducendo pure i propri parlamentari a descrivere la tragedia, in un comunicato ufficiale diramato il 10 ottobre, in questi termini: «L’offensiva armata delle forze palestinesi guidate da Hamas giunge in un contesto d’intensificazione della politica d’occupazione israeliana a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Deploriamo i morti israeliani e palestinesi». Una posizione dettata non proprio da una figura marginale, dato che Mélenchon, nella primavera del 2022, si era confermato come l’uomo forte della gauche nella corsa per l’Eliseo, con 7,7 milioni di voti raccolti al primo turno (21,9%), a un soffio dalla finalista dell’ultradestra, Marine Le Pen. Quest’ultima, da parte sua, alla guida di una famiglia politica già macchiata in passato da tante derive antisemite. Un tempo, ricordano tanti intellettuali ebrei transalpini, la comunità amava ripetere l’adagio «felici come Dio in Francia», coniato in yiddish fin dalla metà dell’Ottocento: un vecchio omaggio reso al grande Paese europeo che per primo, a livello istituzionale, aveva scelto una piena tolleranza. Ma oggi, sono in tanti ad ammettere che è attecchito un «forte malessere fra gli ebrei di Francia». Pur denunciato da gran parte del resto della classe politica, il posizionamento di Mélenchon e compagni appare infatti a non pochi ebrei francesi come il sintomo politico di un clima generale che si è molto deteriorato. Come mostrano i dati, la crescita degli atti e attacchi antisemiti ha raggiunto proporzioni oltre ogni possibile previsione. L’8 novembre, un rabbino è stato preso a calci nel metrò parigino da un adolescente. A gennaio, nel campus universitario di Strasburgo, 3 giovani ebrei sono stati aggrediti da chili ha bollati come «fascisti sionisti». Nel Paese, si sono moltiplicate le scritte antisemite, come davanti a negozi ebraici, talora anche con svastiche. Sui muri o sulle saracinesche di Parigi, sono ricomparse frasi come «Vietato agli ebrei», che richiamano le pagine più fosche della storia nazionale. Nel frattempo, i social sono divenuti la cassa di risonanza di video e cori nauseabondi. Secondo il Crif, il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia, nel 2023 si sono registrati 1.676 atti antisemiti denunciati in commissariato, contro 436 nel 2022. Ma dopo il 7 ottobre, in realtà, i casi settimanali si sono decuplicati. Per studiosi come il sociologo Michel Wieviorka, la spiegazione non può essere ricercata solo fra le pieghe dei quartieri di banlieue dove più frequenti sono le radici familiari arabomusulmane, con una componente islamica francese che in generale, non considerando solo i praticanti, supererebbe i 5 milioni di persone. Lo storico Alexandre Balme parla del risveglio di un «antisemitismo strutturalmente ancorato nella società da decenni». Così, anche apertamente, «in nome della critica del governo d’Israele, che è legittima, si esternano frasi non legittime». Illegittime anche in chiave penale. Nel frattempo, nella comunità ebraica, continua a crescere tendenzialmente pure l’aliyah, il ritorno in Israele, che aveva già conosciuto un’impennata dopo gli attentati parigini del 2015. E un tema evocato pure in un film appena uscito nelle sale, intitolato sintomaticamente «L’ultimo degli ebrei», di Noé Debré. Ma tanti ebrei francesi, in proposito, temono apertamente che la realtà possa divenire ancor più amara di ogni fiction.