Fonte:
www.vita.it
Autore:
Luca Cereda
Odio sui social, è boom di antisemitismo
L’analisi dell’Osservatorio Mediavox della Cattolica di Milano sui post di Twitter: tra marzo e maggio si parla di responsabilità occulte della pandemia con riferimenti al mondo ebraico. Santerini: «Vecchio e nuovo antisemitismo all’opera»
La pandemia ha cambiato anche l’odio in rete. Soprattutto l’antisemitismo, che si sta adeguando al nuovo secolo e ai social media. È questo quanto emerge da una ricerca condotta dall’Osservatorio Mediavox dal Centro di Ricerca sulle relazioni interculturali dell’Università Cattolica di Milano e sostenuta dall’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali sui “discorsi d’odio”, gli hate speech, in rete. Lo studio ha esplorato in particolare l’odio antireligioso su Twitter. «Facebook invece non permette l’accesso a questo genere di dati», spiega Milena Santerini, docente di Pedagogia e direttrice di Mediavox.
Antisemitismo tradizionale e nuove forme d’odio
Dalla ricerca emerge che non c’è più il tradizionale razzismo biologico, che prevede di sterminare le razze inferiori, ma un razzismo culturale e pervasivo alimentato da teorie complottiste al quale il coronavirus ha prestato il fianco. «Se l’antisemitismo di ispirazione nazista è oggi appannaggio di gruppi organizzati con ideologie radicate in quel periodo buio del ‘900, sui social il fenomeno è culturale. È legato al periodo politico e di pandemia che stiamo vivendo», spiega Santerini che è anche vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah del capoluogo lombardo e coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo.
Quella condotta dall’Università Cattolica è un’indagine qualitativa che analizza 900 tweet. «La ricerca ha coperto il periodo tra marzo e maggio 2020, in cui i “cinguettii” italiani di odio erano il 16,3%».
Tre quarti erano riferiti al potere ebraico sulla finanza con l’accusa agli ebrei come singoli o collettività di avere il controllo della finanza mondiale, dei media, delle banche, dell’economia, del governo o di altre istituzioni e quindi di avere un ruolo anche nella pandemia da Covid-19.
Rabbia e insicurezza alimentate dall’anonimato in rete
Il 9% dei tweet aveva contenuti antisionisti e di odio verso Israele collegandolo alla pandemia e alla diffusione del virus. Sono risultati invece minoritari i tweet legati alle forme di odio antisemita tradizionali come il negazionismo della Shoah, l’inferiorità della ‘razza’ ebraica e l’antigiudaismo.
A riguardo Twitter sta cercando di intervenire come fosse un editore eliminando i post che alimentano l’odio. In questa direzione sta iniziando a muoversi anche Facebook, come accaduto con l’eliminazione del post marcatamente nazista per la campagna elettorale di Trump. «Difficile però arrivare a tutti. Ma i social media non possono mantenersi neutrali in questa battaglia culturale», chiosa Santerini.
I social hanno caratteristiche intrinseche che alimentano i discorsi d’odio perché garantiscono l’anonimato, l’invisibilità e la rapidità di diffusione dei messaggi. «E quando odiatori anonimi cercando un bersaglio, anche per una pandemia globale, ecco che rispuntano gli ebrei come capro espiatorio».
La politica contemporanea strumentalizza l’hate speech sui social
Il problema dei discorsi d’odio, antisemiti e razzisti, non è solo italiano. Gli esiti della ricerca di Mediavox, almeno in parte, coincidono con la ricerca curata dall’Università di Oxford secondo cui il 20% degli inglesi credono che il virus sia stato creato dagli ebrei per sfruttarlo economicamente.«Va ricordato che l’hate speech ha assunto molta rilevanza anche in Italia in campo politico e sociale negli ultimi 4 anni con l’ampliarsi dell’influenza dell’infosferae di discorsi politici tesi a cercare nel ‘diverso’ il bersaglio che unifica l’elettorato», testimonia Milena Santerini. Dalla campagna britannica per la Brexit e poi da quella per le presidenziali statunitensi che hanno portato Trump alla Casa Bianca, l’odio online è stato sdoganato come forma di propaganda ed è usato nella lotta politica.
Da questo punto di vista l’Europa ha chiesto una regolamentazione delle piattaforme social nei confronti dei discorsi che stimolano l’odio: «Con Twitter in testa, i social stanno imponendo regole agli utenti, anche per combattere le fake news, così pericolose per la salute pubblica durante questa pandemia».
Antisemitismo e islamofobia, mali da curare con la cultura
In Italia la conflittualità sociale legata alla presenza di diverse identità religiose è minore che altrove. Ma la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, deve oggi girare con la scorta e nel trimestre ottobre-dicembre 2019 l’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Cdec – Centro di documentazione ebraica contemporanea – ha registrato 61 casi di antisemitismo contro i 42 del 2018 e i 39 del 2017.
«L’odio per motivi religiosi nasconde fenomeni che solo apparentemente assumono la caratteristica di ostilità verso una religione. In realtà non è facile distinguere il bersaglio dell’odio, dato che molti ebrei ma anche musulmani possono non essere credenti o praticanti, ma vengono colpiti per quello che rappresentano».
Cambia in sostanza il capro espiatorio. Recentemente l’islamofobia aveva raggiunto il culmine, sopratutto durante la crisi finanziaria post 2008, dopo gli attentati terroristici e la crisi degli sbarchi dei migranti tra il 2015 e il 2018. Con la pandemia si è riacutizzato su Twitter l’antisemitismo che collega Israele e gli ebrei al virus. «L’Italia però deve fare i conti con le strategie dei “propagatori d’odio” che usano i social per fare quadrato con la propria “base”. E poi c’è la gente comune investita, e a volte invischiata, da questa marea di rabbia vomitata sui social». Guardando la nostra storia, nulla di nuovo sotto il sole, «ma è necessario partire, e ripartire anche durante la pandemia, dalla cultura e dall’educazione dei giovani alla storia», conclude la coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo.