Fonte:
La Stampa edizione di Torino
Autore:
Elena Lisa
L’università si divide “C’è chi usa le aule per fare propaganda”
Taufik: l’Isis sta facendo riaffiorare i pregiudizi
«No, guardi – è la reazione secca del professor Francesco Panero – non mi interessa sapere che cosa ha scritto su Facebook la collega Santus del Dipartimento di Lingue che dirigo. Mi basta conoscere cosa so io. E cioè che lei non ha letto la tesi e nemmeno ascoltato la sua discussione. Lo affermo con certezza perché ho sostituito io la professoressa in aula. Non capisco su quali basi giudichi il lavoro come “filo palestinese”».
Itinerario culturale
La politica, o meglio le accuse di far politica, entrano all’ Università di Torino. A muoverle, più o meno velatamente, Daniela Santus, la docente di Geografia che ha scelto di non assistere alla presentazione della tesi sugli «itinerari culturali in Palestina». Aggiunge Ugo Volli, professore di Semiotica: «Siamo mille e ottocento docenti – dice – e rappresentiamo una grande azienda. Eppure c’è chi usa le lezioni per fare propaganda. Ed è sbagliato, sleale verso gli studenti. Perché alcuni crescono convinti di poter aumentare proseliti con le loro tesi di laurea. Comunque, riguardo la vicenda specifica, penso che la professoressa Santus non abbia sbagliato: se in coscienza un docente sente di non essere neutrale è meglio che lasci giudicare il laureando da un sostituto».
La mostra sotto accusa
Il caso della tesi «anti israeliana» scoppia il giorno in cui il vicepresidente della comunità Ebraica, Emanuel Segre Amar, bolla come «atto gravissimo» la decisione della Presidenza della Repubblica, Comune, Provincia e Regione di aver dato il patrocinio alla mostra allestita nel Museo diffuso della Resistenza. È intitolata: «Il lungo viaggio della popolazione palestinese rifugiata». «Prendiamo ufficialmente le distanze – dice Segre – da una mostra che crede di insegnare e invece disinforma. Accomunare la resistenza italiana a quella palestinese non ha alcun senso». E poi aggiunge: «Sono tempi difficili per la nostra comunità. Penso a ciò che sta accadendo nella Città Santa e all’eco distorto che quei fatti hanno qui, in Italia, e a Torino».
Il paradosso è che una sensazione analogo è percepita dalla comunità araba. Pare che la città sia condizionata da ciò che accade altrove: «Il fondamentalismo non ci aiuta. L’Isis, le decapitazioni, gli atti criminali stanno ricreando quel clima di pregiudizio che già abbiamo sùbito dopo l’attentato dell’11 settembre – dice Younis Taufik, scrittore e presidente del centro culturale “Dar Al Hikma” -. Sono ovviamente felice che nel dipartimento di Lingue la discussione della tesi si sia svolta con regolarità e le due ragazze, alla fine, si siano laureate. Ma ritengo inopportuno e bambinesco l’atteggiamento della professoressa. Un danno per ciò che rappresenta l’Ateneo».
Il pregiudizio
Younis Taufik, giunto dall’Iraq circa vent’anni fa, si è laureato in Lettere proprio all’Università di Torino e il pregiudizio sa cos’è: «Facevo tante domande sulla lingua. Ero innamorato della Divina Commedia. Alcuni dicevano fossi una spia di Saddam Hussein. Mi isolavano. Invece nel vostro Paese ci sono arrivato per aver voluto seguire Dante».