Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Paolo Conti
Gli inviti dei professori (anche italiani) a boicottare Israele «Miopi e antisemiti»
È successo di nuovo. Un gruppo di accademici britannici (trecento, di cui molti studiosi italiani che lavorano negli atenei del Regno Unito) hanno firmato un appello pubblicato su una intera pagina del Guardian in cui annunciano di aver iniziato il boicottaggio di Israele e delle sue istituzioni accademiche. Il progetto è rompere le relazioni con gli atenei israeliani, non accettare i loro inviti e non invitare accademici di Israele, definito una «potenza occupante» dei territori palestinesi. Qualcosa di molto simile accadde già nel zoo7, sullo stesso quotidiano. Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress ha pacatamente definito «miope» l’appello britannico perché «qualunque boicottaggio è controproducente, la scienza dev’essere aperta a tutti e capace di condividere le scoperte dei migliori cervelli, siano essi israeliani, palestinesi o di altre parti del mondo». Le reazioni italiane sono più dure. Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica romana, si dice «inorridita» quando sente parlare di boicottaggio perché «è il preludio a una discriminazione inaccettabile, l’antisionismo è una bella maschera quando non ci si può dichiarare apertamente antisemiti». Victor Majar, assessore alla Cultura e alla Memoria dell’Unione delle comunità ebraiche italiane propone un ragionamento: «C’è, in quell’appello, un equivoco terzomondista. Israele viene descritto come un gigante oppressore. Questione ridicola, visto che quegli stessi atenei britannici intrattengono ottimi rapporti con paesi antidemocratici e retti da dittature oppressive. Negli atenei israeliani insegnano docenti di tutte le nazionalità e di tutte le religioni. E Israele è una grande democrazia». Chissà se i firmatari di quell’ennesimo appello hanno riflettuto fino in fondo su questo passaggio che non è esattamente un dettaglio insignificante.