Fonte:
moked.it
Autore:
Adam Smulevich
In qualità di ministro della Giustizia (1996-1988), Giovanni Maria Flick sollecitò alla polizia la nuova incarcerazione del criminale nazista Erich Priebke dopo la scarcerazione disposta dal tribunale militare di Roma, in base a una richiesta di estradizione presentata dalla Germania. Flick, poi diventato presidente della Corte costituzionale (2008-2009), si batte da sempre contro l’antisemitismo. Non a caso è stato anche presidente onorario della Fondazione Museo della Shoah di Roma. «Non ho ricette da offrire, non sta a me decidere quali siano i limiti della libertà di espressione. Ma posso senz’altro testimoniare che sono preoccupato per quel che vedo e sento. L’antisemitismo fa paura», confessa a Pagine Ebraiche, esprimendo la propria angoscia per la crescita dell’odio antiebraico. A partire dal mondo dell’università, «dove l’intolleranza si accompagna spesso all’ignoranza». A inizio marzo Flick ha aderito al manifesto “Dal 7 ottobre alla pace” della neo ricostituita associazione Sinistra per Israele in cui si dichiara «irrinunciabile il diritto di Israele a esistere, riconosciuto dai suoi vicini, e a vivere in sicurezza nei propri confini». Un diritto che «è un tutt’uno con il diritto del popolo palestinese a un proprio stato indipendente». Flick precisa di non essere iscritto all’associazione, ma di aver sottoscritto il manifesto «perché ne condivido le finalità». Qualunque critica all’esecutivo guidato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu «non può d’altronde diventare la base per la negazione di quel diritto inalienabile che spetta a Israele e neppure per una indistinta colpevolizzazione di tutti gli ebrei», ribadisce il giurista. Eppure ciò sta accadendo, sempre di più, «suscitando allarme e inquietudine».
L’ex ministro rivolge lo sguardo al prossimo 25 aprile: «Durante la Festa della Liberazione in passato si sono registrati atti di intolleranza nei confronti della Brigata Ebraica, atteggiamenti inconcepibili che oltraggiano la memoria di chi aiutò a liberare il paese». Guai a lasciar passare gli eventi senza reagire perché la Resistenza «è un fondamento della nostra Repubblica e della nostra Costituzione; senza il 25 aprile, senza il 2 giugno, l’Italia non sarebbe quella che è adesso; la Resistenza non è proprietà né di una parte politica né di singole associazioni». Flick vola alto. «Non mi interessa esprimermi nel merito di alcune diatribe di cui si sono occupate le cronache, ma ho piuttosto a cuore un punto. La memoria può non essere condivisa, ma comune almeno sì. Vorrei lo capissimo, questa volta davvero, nella preparazione al 25 aprile». Flick ricorda che «l’Italia fu responsabile, come paese, per aver collaborato con l’iniziativa stragista delle truppe di occupazione». Ma seppe anche reagire «nelle sue tante anime» alla doppia morsa del fascismo e del nazismo e in questo senso «nessun luogo lo dimostra meglio delle Fosse Ardeatine, nel ricordo del terribile eccidio di 80 anni fa: le 335 vittime offrono uno spaccato molto ampio della società romana e italiana del tempo; ebrei e cattolici, borghesia e proletariato». Il professor Flick pensa anche «ai tanti militari che hanno pagato con la vita la loro partecipazione alla lotta». Anche per questo, conclude, va difeso il concetto che «la Resistenza fu un atto globale e corale».