Fonte:
la Repubblica
Il partito Jobbik guida la pattuglia dell’ultra destra a Strasburgo
dal nostro inviato
Andrea Tarquini
BUDAPEST – L´entusiasmo della festa è ancora nell´aria, qui a Budapest sotto un sole già estivo. Hanno celebrato la vittoria fino a tarda notte, quelli di Jobbik: 15% delle preferenze, terzo partito d´Ungheria, tre seggi a Strasburgo. E dal loro quartier generale, guardavano soddisfatti i risultati da un capo all´altro dell´Europa: ecco il trionfo di Hans Christian Strache nella vicina Vienna, il volo di Geerd Wilders in Olanda, i successi nei paesi baltici, e persino nel Regno Unito. In strada, restano i manifesti: “Per un´Ungheria cristiana, un´Ungheria agli ungheresi”, ha chiesto Jobbik. E anche “Basta!” col governo di sinistra, incalzavano nei loro poster i nazionalconservatori della Fidesz di Viktor Orban. Adesso la partita è cambiata, qui e in tutta Europa.
Il nuovo sogno, per loro, sembra lavorare insieme con gli amici austriaci, olandesi, baltici e britannici, laggiù nelle lontane Bruxelles e Strasburgo, all´Europarlamento. Nel caldo quasi torrido la Budapest dove Jobbik esulta trionfante sembra la nuova capitale europea della destra radicale.
“Ci chiamano fascisti, ci chiamano antisemiti, solo perché parliamo dei problemi reali”, dice Andràs, responsabile del partito in uno dei distretti centrali di Budapest. “La stampa internazionale se la prende con la Guardia magiara, l´accusa di violenze, ma venite a fare un giro della provincia. Quando vede quelle uniformi che quei ragazzi si sono pagati da sole, la gente torna a sentirsi sicura. La gente ha paura, è indifesa contro le bande violente degli zingari. Minacciano, rubano, picchiano, uccidono. Come gli zingari romeni da voi, ma sono molti di più, un milione su dieci milioni di abitanti. La gente, fuori da Budapest, non manda più i figli a scuola, gli asili chiudono. E intanto gli ex comunisti ancora al potere, privatizzando hanno svenduto l´economia, hanno ridotto il popolo alla miseria. Perché votano in tanti per noi? Perché non ne possono più di una crisi che stronca il paese da sette anni. Ogni settimana vengono restituite al produttore diecimila auto, e ogni mese cinquemila case. Prezzi italiani o tedeschi, salari e stipendi dai 300 ai 400 euro, le tasse più alte del mondo e uno Stato quasi alla bancarotta. Ecco perché vinciamo. Votano per noi perché vogliono tornare a sorridere e a non sentirsi più schiavi in patria”.
Budapest, il day after: l´Ungheria che, insieme alla Polonia di Solidarnosc, fu un´avanguardia della fine dell´Impero sovietico, è irriconoscibile. Secondo la stampa di sinistra, la Guardia magiara impone la sua legge, uno Stato nello Stato. La sicurezza che la piccola gente vuole, senti dire qui, è imposta con metodi estremi. “Noi della Guardia siamo duri come un pugno, affilati come una spada”, è il loro motto. Si narra di case di stranieri, soprattutto gitani, bersagliate con le molotov, di tiro a segno su chi fugge dagli edifici in fiamme, di attacchi incendiari contro le sezioni dei socialisti. O di battaglie tra gruppi di tifosi ultrà, com´è successo di recente anche con gli italiani. “Chi ci accusa non conosce la realtà, la vita quotidiana della gente”, ribatte Andràs. “Noi diciamo “l´Ungheria agli ungheresi”, la Corte costituzionale ci critica. Ma stiamo scherzando? Parti della Costituzione risalgono al 1949, gli anni di Stalin. Va cambiata a fondo”.
Uniformi nere, vessili degli anni ’20 e ’30, e ai loro raduni bancarelle con busti e libri dell´ammiraglio Horthy, il reggente che poi si alleò con Hitler. Horthy, per cui Budapest andava chiamata con disprezzo `Judapest´, la metropoli materialista con tanti ebrei. “Colonna goy” (il termine ebraico per definire i non ebrei) si chiama la scorta d´onore in motocicletta. Risorgono rancori antichi: “Pesa ancora la tragedia, l´ingiustizia del Trattato del Trianon, a Versailles l´Ungheria perdette quasi tre quarti del suo territorio”. Il discorso va aperto, conviene persino Viktor Orban, il leader nazionalconservatore della Fidesz, probabile prossimo premier. Riparlare dei confini europei: in Slovacchia e in altri paesi vicini, è già allarme rosso. Poco importa. Nella calda Budapest i vincitori festeggiano tra palazzi asburgici ormai diroccati, e con gli amici olandesi e austriaci, britannici e slovacchi vivono già il quotidiano d´un nuovo sogno.