Fonte:
Ruggero Taradel
Autore:
Ruggero Taradel
LA SANTA SEDE E LE LEGGI RAZZIALI
IN ITALIA E IN EUROPA
Quod non est in actis non est in mundo
L’elaborazione e la promulgazione delle leggi razziali in Italia nel 1938 fa parte di un contesto storico e politico preciso che si configura come un continuum di respiro e proporzioni europee. Non vi era infatti stato solo l’Arienparagraph del 1933 seguito dalle leggi di Norimberga nel 1935 in Germania. Contestualmente all’approvazione delle leggi razziali in Italia si era infatti avuta la promulgazione di una legislazione discriminatoria e antiebraica in Ungheria nel 1938, seguita da più rigide legislazioni antisemite nel 1939 e nel 1941. Con l’inizio della seconda guerra mondiale, vennero promulgate poi legislazioni discriminatorie e persecutorie nella Francia di Vichy nel 1940, nel 1941 e nel 1942, la legislazione antisemita della Croazia di Ante Pavelic promulgata il 30 aprile del 1941, e il Codex Judaicum promulgato il 9 settembre 1941 in Slovacchia.
Se si desidera dunque prendere in esame la problematica delle leggi razziali dal punto di vista della Santa Sede, occorre innanzitutto considerare che questa non era seplicemente una questione italiana e fascista, ma una grave e generale questione di proporzioni europee. In questa relazione intendo dunque analizzare la reazione della Santa Sede alle leggi razziali in Italia inquadrandola all’interno di questo più ampio contesto. Fu Papa Pio XI, Achille Ratti, che stipulò concordati prima con Mussolini nel 1929 e con Hitler nel 1933, il pontefice che dovette misurarsi con la promulgazione delle leggi razziali in Italia nel 1938. È opportuno ricordare che Achille Ratti, prima di salire al soglio pontificio, era stato nunzio apostolico in Polonia dal 1915 al 1920. Un periodo per sua stessa ammissione cruciale nella sua formazione religiosa e diplomatica. È stato recentemente ritrovato e reso accessibile agli studiosi dall’Archivio Segreto Vaticano un faldone di proprietà dell’allora Monsignor Achille Ratti dedicato al problema dell’antisemitismo in Polonia che testimonianza dell’interesse e della sensibilità del futuro pontefice a questo riguardo. Il faldone contiene una miscellanea di testi tedeschi, testi polacchi, una nota scritta in francese senza data e senza indicazione dell’autore, in cui si rileva che la presenza di tanti ebrei in Polonia rappresenta un grave problema per la comunità nazionale e internazionale, si rileva una presenza spropositata di ebrei nelle professioni liberali, nel giornalismo, nellle lettere, nel teatro e così via . Non sappiamo, né possiamo con sicurezza ipotizzare cosa Monsignor Ratti pensasse di questi testi che andava leggendo e raccogliendo in questo periodo (1915-1919), ma certamente le carte e i documenti custoditi nell’Archivio Segreto Vaticano indicano una precoce attenzione e un notevole interesse per la tematica relativa alla polemica antiebraica europea e mitteleuropea. Alcuni anni dopo Achille Ratti, salito al soglio pontificio nel 1921, avrebbe avuto l’arduo compito di misurarsi con legislazioni razziali e antisemite promulgate e poste in atto da diversi Stati. Nel periodo in cui la macchina propagandista fascista cominciava a mobilitarsi per preparare e plasmare l’opinione pubblica in vista dell’approvazione e promulgazione delle leggi, Pio XI aveva già scritto, nel marzo del 1937, l’encliclica Mit Brennender Sorge sulla situazione della Chiesa cattolica in Germania. Nel documento aveva attaccato frontalmente il tentativo di trasformare il razzismo del movimento nazionalsocialista in una nuova religione civile che, secondo la denuncia del pontefice, puntava o a subordinare a sé o perseguitare ed eliminare qualunque altro tipo di credenza religiosa in Germania…