Fonte:
The Jerusalem Post
L’antisemitismo di matrice islamica si diffonde e si intensifica al punto da essere diventata una minaccia strategica reale per Israele, secondo un rapporto di 180 pagine redatto per il governo israeliano dall’ITIC (Intelligence and Terrorism Information Center), organismo guidato dall’ex capo del Mossad Efraim Halevy.
Nel rapporto, di imminente pubblicazione, si sostiene che, educando generazioni di musulmani all’avversione nei confronti di Israele e degli ebrei, si è sviluppato un antisemitismo islamico sostenuto attivamente da molti stati mediorientali, che ritarda il processo di pace ed i tentativi di normalizzazione dei rapporti tra Israele ed i paesi arabi. Questo antisemitismo costituisce anche la giustificazione intellettuale per un programma politico che mira all’eliminazione dello stato israeliano.
“Non si tratta del solito pregiudizio”, spiega il direttore dell’ITIC, Reuven Erlich, ex membro della direzione informativa dell’esercito, a capo del team di ricercatori che ha prodotto il rapporto. “Questa forma di pregiudizio è maligna perchè non è teorica. È un incitamento ideologico, da parte di stati ed organizzazioni , pronto per essere tradotto in azione”.
Secondo il rapporto, negli ultimi tre decenni sul vecchio antisemitismo europeo sono cresciute nuove radici squisitamente islamiche. Senza escludere le classiche calunnie antigiudaiche dell’omicidio rituale ed altre presunte espressioni della malvagità ebraica, l’antisemitismo nel mondo musulmano ha trovato sue proprie motivazioni per l’odio antiebraico in nuove interpretazioni della storia e della letteratura islamica.
Dal racconto coranico dell’ebrea che avvelenò Maometto, ai rapporti difficili tra il Profeta e le tribù ebraiche dell’Arabia – i gruppi estremisti islamici ed i pensatori fondamentalisti utilizzano un’intensa retorica antiebraica che è diventata sempre più popolare presso il pubblico musulmano. Utilizzando testi coranici molto conosciuti, questi gruppi hanno isolato gli “attributi negativi innati” degli ebrei e diffondono un paradigma di lotta permanente tra musulmani ed ebrei.
L’obiettivo di questo antisemitismo “islamificato”, secondo il rapporto, è trasformare il conflitto israelo-palestinese da conflitto nazionale e territoriale che potrebbe essere risolto con un compromesso, in una “lotta storica, culturale ed esistenziale per la supremazia dell’Islam”.
Lo studio prende in esame libri, quotidiani, trasmissioni tv e radio e siti internet, insieme all’analisi del lavoro di gruppi che studiano il discorso antiebraico, come MEMRI e l’Anti-Defamation League.
A cavallo tra il XIX ed il XX secolo, l’antisemitismo in crescita in Europa fu diffuso nei paesi musulmani per via delle relazioni commerciali e diplomatiche. Fomentato dall’opposizione al sionismo, e rafforzato ideologicamente dal sostegno e dalla retorica nazista, l’antisemitismo musulmano è divenuto nel corso del XX secolo un fenomeno di tale portata che oggi testi apertamente antisemiti sono in vendita all’angolo delle strade nelle città arabe, anche in paesi dove non vi sono quasi più ebrei.
Il team di ricerca non ha preso in esame “la propaganda anti-israeliana”, secondo Erlich, “solo l’antisemitismo. Ma quando si legge un articolo o si ascolta un discorso, la terminologia è confusa e interconnessa. Non si riesce a distinguere l’antisionismo dall’antisemitismo”.
Secondo il rapporto, lo scorso decennio ha visto una vera e propria esplosione, nel mondo musulmano, di letteratura antisemita che confonde intenzionalmente Israele ed il popolo ebraico, che viene diffusa in tutto il mondo tramite internet ed i canali tv satellitari.
Secondo Erlich, “negli ultimi 10-15 anni si è verificato un cambiamento profondo. L’antisemitismo non è più importato ma esportato. Ciò richiede un maggior impegno di ricerca, perchè non abbiamo accesso alle moschee europee ma siamo convinti che l’esportazione in Europa di miti e politiche antisemite stia avendo un effetto sulle comunità musulmane europee”.
L’Iran, sostiene il rapporto, è il primo esempio, dai tempi della Germania nazista, di stato che adotta ufficialmente una politica antisemita attiva come mezzo di realizzazione dei suoi interessi nazionali.
L’antisemitismo, afferma il rapporto, trova il consenso e spesso il supporto di stati islamici e laici sia in conflitto che in pace con Israele. In Arabia Saudita, Iran, Egitto e Siria, la diffusione quotidiana di messaggi antisemiti è affidata a media che operano sotto la supervisione e la censura del regime.
Isaac Herzog, ministro del governo israeliano che si occupa dell’antisemitismo, ha visionato in anteprima il rapporto. In una dichiarazione al Jerusalem Post, il ministro ha affermato: “C’è una dissonanza tra l’antisemitismo che prende la forma di un conflitto religioso e la coalizione regionale di stati moderati, dal Marocco agli stati del Golfo e alla Turchia, che crede nella pace e nella soluzione ‘due popoli due stati’. In qualche misura tra i membri di questa coalizione sono tollerate espressioni di antisemitismo inimmaginabili ed inaccettabili. “
Erlich afferma:
“È necessario un organismo di ricercatori ed esperti legali, rappresentanti di Israele, delle comunità ebraiche e delle nazioni di tutto il mondo. Questo organismo deve avere fondi ed essere mandato in guerra sul fronte diplomatico, sui media, e sul fronte legale. Bisogna denunciare le case editrici che stampano i Protocolli. È propaganda calunniosa. Il governo siriano pubblica ancora [secondo alcune fonti] testi in cui si afferma che gli ebrei usano il sangue dei cristiani a Pasqua. Non si può affermare che questo sia un atteggiamento anti-israeliano, o causato dal conflitto israelo-palestinese”.
(Resoconto tratto dall’articolo: Report analyzes Muslim anti-Semitism, The Jerusalem Post, 22/04/2008)