29 Maggio 2014

Europa: euroscetticismo, populismo ed estrema destra

Fonte:

Osservatorio antisemitismo

Autore:

Osservatorio antisemitismo

L’euroscetticismo

Le elezioni europee del 22-25 maggio 2014 daranno agli elettori la possibilità di influenzare le politiche dell’Unione europea, eleggendo i 751 deputati al Parlamento europeo che rappresenteranno i loro interessi per i prossimi cinque anni.

Ogni Stato membro ha le proprie leggi elettorali e ciascuno stabilisce le date in cui i cittadini andranno alle urne durante il periodo elettorale. Gli elettori italiani voteranno il 25 maggio per eleggere 73 deputati.

Si prevede che le prossime elezioni europee saranno terreno di scontro tra partiti filo-europei e anti europei. Sono molti a temere il voto di protesta di cittadini che vogliono esprimere la loro insoddisfazione e delusione verso un’Europa identificata con i mercati, con lo spread e la crisi. L’aumento della disoccupazione, le politiche di austerità hanno fatto crescere i consensi per i partiti nemici della moneta unica, della libera circolazione e di misure che indeboliscono la sovranità nazionale.
Tra queste formazioni politiche ci sono differenze, alcune si collocano su posizioni più conservatrici, altre hanno tendenze nazionaliste e xenofobe, tutte si aspettano politiche protezionistiche e un contenimento dell’immigrazione.

Tra i detrattori della Ue ci sono anche i partiti di sinistra radicale. Rispetto alle formazioni populiste e di destra, i partiti post-comunisti e di ispirazione no global, sembrano meno capaci di incidere sull’elettorato fatta eccezione per Syriza, il partito di sinistra greco.

Se alle prossime elezioni i partiti euroscettici ottenessero  la maggioranza dei seggi l’Europarlamento avrebbe seri problemi  di governabilità.

I sondaggi preelettorali danno i partiti anti-europei in crescita in tutta la Ue. Le previsioni assegnano loro tra il 20 e il 30 per cento dei voti.

Ma i calcoli sono complicati perché è complicato definire quali sono i partiti anti-europei. Su alcune formazioni politiche generalmente di destra e etnonazionaliste, come il Front National in Francia, l’UKIP in Gran Bretagna, il Vlaams Belang in Belgio, il PVV in Olanda o la Lega Nord in Italia, non ci sono incertezze. Più difficile è classificare la destra fiamminga NVA di
Bart de Wever in Belgio, o il Movimento5Stelle di Grillo in Italia, e le liste di Tsipras che mobilitano l’estrema sinistra europea.

Se fossero confermate le previsioni potrebbe nascere un blocco in grado di mettere in difficoltà il duopolio storico del parlamento UE, tra famiglia del socialismo europeo (PSE, allargato ai democratici) e quella dei Popolari. Ma ci sono delle incognite: la prima riguarda  l’astensionismo, e poi occorrerà vedere cosa produrranno le difficoltà di movimenti  e partiti eterogenei a convivere in un unico gruppo.

Ad accomunare il fronte dei movimenti euroscettici e antieuro, principalmente partiti nazionalisti e di estrema destra, c’è l’opposizione alle politiche comunitarie viste come intromissione alle scelte di politica nazionale. Ci sono anche altri movimenti come la lista italiana L’Altra Europa con Tsipras che non vogliono uscire dall’euro, ma che vogliono  cambiare modello rispetto all’Europa dell’austerity.

Le ultime proiezioni di VoteWatch per le prossime elezioni Ue danno in leggero vantaggio come primo partito europeo i socialisti e democratici del PSE, guidati da Martin Schulz, che dovrebbero superare di poco (209 seggi contro 202) il Partito popolare europeo, che ha indicato come capolista il lussemburghese Jean-Claude Juncker. Secondo queste proiezioni, i partiti euroscettici di destra che oggi si riconoscono nel gruppo EFD (Europe of Freedom and Democracy), dovrebbero restare stabili confermando 31 eurodeputati. Ma questo dato non tiene conto del numero di deputati non riconducibili ad un gruppo politico già esistente (i cosiddetti ‘Non Iscritti’), che secondo i sondaggi  potrebbe passare da 32 a 93 deputati. Questo esercito di neoeletti, in cui sono inseriti anche gli italiani del M5S, sarebbe il terzo gruppo politico del Parlamento europeo costituito in gran parte da anti-europei.
Infine, sempre secondo VoteWatch, il gruppo politico dell’estrema sinistra a cui aderisce anche Tsipras, dovrebbe quasi raddoppiare i propri consensi passando 35 a 67 deputati e diventerebbe il terzo partito scavalcando i liberali. Infine ci sono da considerare i 45 eletti nelle liste ECR (European Conservatives and Reformists) che sono guidati dai conservatori britannici, usciti dal PPE proprio su posizioni anti-europee.
Se dunque si mettono insieme i 31 eurodeputati di estrema destra, i 45 ECR, i 92 non iscritti e i 67 dell’estrema sinistra si arriva a 235 deputati contrari alla moneta unica e all’UE di oggi. Sommati sarebbero circa un terzo dei 751 parlamentari europei e costituirebbero il gruppo politico più numeroso. Una prospettiva che rende probabile una grande coalizione tra socialisti e popolari, magari con l’apporto dei liberali, per garantire una maggioranza democratica pro-europea. Infatti in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, il voto anti europeo finirà per incanalarsi anche in direzione di partiti che pure aderiscono al PPE. È il caso di Forza Italia che secondo Demos prenderà una percentuale di voti euroscettici pari a quella del M5S. O come Fidesz (Unione civica), il partito di estrema destra ungherese del premier Orban, che pur professando un euroscetticismo molto spinto aderisce al Partito popolare europeo.
Quindi anche una possibile coalizione tra socialisti e popolari, che potrebbe contare su oltre 400 voti, si potrebbe trovare in difficoltà, per rinunce e abbandoni, quando affronterà su questioni di principio che coinvolgono l’integrazione europea.