Fonte:
www.adl.org, Moked.it
Dalla Gran Bretagna all’Ungheria, l’antisemitismo come arma politica
Il governo russo ha usato l’antisemitismo, “esagerando la sua diffusione” in Ucraina, come arma per screditare Kiev. Il governo ungherese vi ha fatto ricorso – attraverso le immagini del magnate ebreo Soros – per attaccare le politiche dell’Unione europea sull’immigrazione. In Polonia, esponenti del partito Diritto e Giustizia hanno usato la retorica antisemita per attaccare gli avversari in campagna elettorale e ottenere voti. In Gran Bretagna, il partito laburista ha a lungo e consapevolmente tollerato l’antisemitismo interno per tenersi stretto il voto dell’estrema sinistra. In Germania così come in Ucraina, i partiti nazionalisti e populisti hanno banalizzato e distorto le responsabilità storiche dei rispettivi paesi nella Shoah per costruire il proprio consenso elettorale.
A entrare nel merito di questi episodi, l’ong ebraica americana Anti-Defamation League, che ha pubblicato negli scorsi giorni un report dedicato all’Europa intitolato: “Scegliere l’antisemitismo. Strumentalizzazione e tolleranza dell’antisemitismo nella politica europea contemporanea”. Un’indagine che pone l’accento sull’uso da parte di alcuni partiti della retorica antisemita per ottenere consenso elettorale. “A differenza degli incidenti antisemiti di violenza, vandalismo o insulti, l’uso politico dell’antisemitismo non prende di mira gli ebrei stessi. – si legge nel report – Invece, la propaganda antisemita si rivolge a un pubblico nazionale o straniero come mezzo per ottenere sostegno politico. Dimostrare tolleranza per l’antisemitismo è un’altra tattica per attirare il sostegno politico. I dati dei sondaggi mostrano che queste strategie hanno una base razionale”. L’Adl cita a riguardo un suo sondaggio del 2019 secondo cui un europeo su quattro nutre dei pregiudizi contro gli ebrei. Ci sarebbe dunque un ampio bacino disposto se non a condividere, almeno a prestare l’orecchio alla retorica antisemita. Una propaganda, spiega il report, che “ha come obiettivo quello di aizzare e attrarre seguaci. Ma è anche usata per screditare gli avversari politici agli occhi di un pubblico specifico, suggerendo che qualcuno sia ebreo, sostenitore di cause ebraiche o dello Stato di Israele. Altre volte, gli avversari politici sono calunniati come antisemiti o nazisti per diminuire la loro reputazione presso un pubblico specifico”. L’antisemitismo dunque è usato, nelle circostanze più diverse, come clava politica da abbattere sui propri avversari. E gli esempi analizzati dall’Adl vanno dalla Gran Bretagna fino alla Polonia.
Nel caso di Londra, la lente è portata sul Labour a guida Jeremy Corbyn e il suo tentativo di nascondere i gravi problemi di antisemitismo interno. Una minaccia tale da costringere il rabbino capo di Gran Bretagna rav Ephraim Mirvis a fare l’appello all’elettorato affinché non votasse laburista. Il Regno Unito “fornisce il miglior esempio del rischio e delle potenziali gravi conseguenze dell’antisemitismo in politica, anche nei regimi democratici”, scrive l’Adl. “Un antisemita è diventato il leader di un grande partito e ha creato uno spazio dove era benvenuto l’antisemitismo. Se fosse diventato Primo ministro, la comunità ebraica britannica avrebbe subito un duro colpo con un’emigrazione senza precedenti legata a questo evento”. Corbyn come è noto ha perso. Il suo successore, Keir Starmer, è impegnato ora a ripulire il Labour.
Per quanto riguarda la situazione in Polonia, l’Adl ricorda tra le altre cose l’accusa lanciata da Jaroslaw Kaczynski, leader del partito di governo Diritto e Giustizia, contro Rafal Trzaskowski durante la corsa alle presidenziali. Trzaskowski, avversario dell’uscente Andrzej Duda (sempre di Diritto e Giustizia), è stato accusato da Kaczynski di non avere “un’anima polacca, un cuore polacco e una mente polacca” per aver aperto alla possibilità di risarcimenti e restituzioni al mondo ebraico polacco per le innumerevoli proprietà sottratte agli durante e dopo la Shoah.
Ancora. In Ungheria, il rapporto esamina invece la campagna governativa definita di “demonizzazione di George Soros”, il magnate ebreo, sopravvissuto alla Shoah in Ungheria e finanziatore di cause che il Premier Viktor Orban considera contrarie ai suoi interessi. Una di queste, riguarda le politiche di accoglienza dei migranti provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa in Europa: secondo Orban, il flusso migratorio sarebbe appoggiata dallo stesso Soros per suoi interessi personali. Nel 2017, il governo ungherese ha lanciato una campagna di affissioni contro il magnate con immagini di Soros sorridente e intitolata “non fategli fare l’ultima risata”. “La decisione di Orban di prendere di mira un ebreo americano piuttosto che i funzionari dell’Unione europea con autorità sulla politica di immigrazione dell’UE solleva domande”, ha scritto ‘lAdl nel rapporto, aggiungendo: “La risposta più convincente è che la campagna è stata promossa sulla ricettività agli stereotipi antisemiti nel pubblico ungherese”.