Fonte:
Avvenire
Autore:
Milena Santerini
Un uomo non è mai un intero popolo. Pericoloso screditare le istituzioni
Il mandato di arresto per il premier israeliano e l’antisemitismo
Qual è il confine tra legittima critica al potere politico di Israele e l’espressione di un odio come l’antisemitismo? La differenza, come emerge anche dalle drammatiche vicende di questi mesi, può essere molto ambigua e sottile. Come è noto, Israele è sotto processo da parte di due Corti. La prima, la Corte internazionale di Giustizia, sta esaminando la denuncia del Sudafrica ai sensi dell’articolo IX della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 perla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio. E accusa è di “atti di genocidio” contro il popolo palestinese. Nella sentenza del gennaio 2024 la Corte non si è espressa su questo termine, che indica, oltre ai fatti, anche l’intenzione di annullare un intero gruppo o popolo. Davanti all’accusa Israele ha portato prove per addurre che non c è, nelle operazioni a Gaza, una pianificazione di sterminio e che l’esercito agisce in modo da distinguere tra obiettivi militari e bersagli civili. Pur riconoscendo la guerra di autodifesa da parte di Israele, in attesa di una sentenza definitiva che potrebbe arrivare tra vari anni, la Corte ha emesso delle misure cautelare provvisorie che ingiungono al Governo di fare tutto ciò che è in suo potere per «prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio». Ha, peraltro, ingiunto anche ad Hamas di rispettare il diritto internazionale e rilasciare gli ostaggi. Il secondo procedimento, di pochi giorni fa, è diretto invece alle persone e non agli Stati. Si tratta dell’ordine di arresto chiesto dal procuratore della Corte penale internazionale nei confronti del primo ministro Netanyahu, del ministro della difesa Gallant e di tre esponenti di Hamas, due dei quali uccisi dai bombardamenti israeliani. Come nel primo procedimento, non bisogna confondere la leadership con l’intero Stato, la cui esistenza va difesa a ogni costo. Di fronte alla decisione del procuratore, che va valutata sul piano giuridico, il premier ha spostato la questione accusandolo di antisemitismo. Ma delegittimare le Corti rischia di mettere in causa lo stesso ordine internazionale faticosamente costruito dal 1945 in poi, che ha tra i pilastri principali il “mai più” rispetto alla Shoah. Occorre analizzare in profondità le implicazioni dei termini “genocidio” e “antisemitismo’: Il termine “genocidio” è una parola legata alla distruzione deliberata di un intero popolo, e, come è stato osservato, è carica di un significato simbolico per il mondo ebraico. La Shoah incarna infatti l’esempio più tragico di una intenzione di distruzione di un gruppo che doveva colpire tutti, nessuno escluso, in qualsiasi parte del mondo si trovassero. Per il regime nazista non doveva restare un ebreo al mondo. La data del 7 ottobre 2023 ha marcato un passaggio epocale. Quella strage e la violenta crudeltà contro civili inermi ha evocato nel mondo ebraico un trauma mai superato, cioè l’annullamento per ciò che si è, “perla colpa di essere nati’: Di fronte a questo attacco terrorista molti in Israele e in altri Paesi si sono sentiti traditi da un appoggio alla causa palestinese che nascondeva antichi pregiudizi. E a tale livello, certo, che si può parlare di antisemitismo, quando la sofferenza degli ostaggi, dei giovani uccisi nel rave, o gli stupri delle donne, valgono “meno” degli altri. Questo vero antisemitismo, triplicato in Italia e moltiplicato esponenzialmente in altri Paesi europei, ha come bersaglio anche la memoria della deportazione e del genocidio nazista. In questo modo la Shoah viene a essere banalizzata e distorta. Ma la stessa leadership israeliana corre ugualmente il rischio di demolire la forza simbolica dell’Olocausto – come genocidio su cui si basa l’edificio dei diritti umani del mondo post-guerra – quando i responsabili politici indossano la stella gialla o accusano di antisemitismo giudici o osservatori. Vandalizzare le pietre d’inciampo, scrivere sui muri che la svastica è uguale alla stella di David, imbrattare le immagini di Liliana Segre sono segni pericolosi della riemersione di un’ostilità mai sopita, e in molti casi la guerra a Gaza, e i crimini da accertare, potrebbero contribuire ad alimentare questo odio. Se ideologie e polarizzazioni occupano le menti, se la maschera dell’ebreo nemico si sovrappone a persone innocenti, se le vittime palestinesi vengono ridotte a danni collaterali, tutti stanno perdendo. E un pericolo serio viene dal delegittimare le istituzioni internazionali accusandole di partigianeria da una parte o dall’altra. Ci vuole un soprassalto di coscienza civile e di energie di pace per far finire questa tragica guerra, e allo stesso tempo individuare dove si annida veramente nella mentalità collettiva quell’antisemitismo mai scomparso dalla storia.