5 Agosto 2024

Intervista a Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, sull’antisemitismo post 7 ottobre

Fonte:

Corriere della Sera edizione di Milano

Autore:

Matteo Castagnoli

«Escalation di episodi contro gli ebrei»

I timori di Romano (Museo della Brigata): un errore dialogare con i fanatici

«Ho paura che anche quando sarà finita la guerra le violenze contro gli ebrei continueranno. Come se il vaso di Pandora si sia aperto. Chi rimetterà dentro il “mostro”?.

Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, il conflitto tra Israele e Hamas sembra lontano dalla soluzione: quali effetti ha sulla città?

«La stragrande maggioranza dei milanesi accetta la presenza della comunità ebraica, ma a partire dal 7 ottobre sono cominciate le aggressioni. Alcune prima ancora della risposta bellica di Israele. E questo anche se a Milano la comunità è ridotta: 5mila gli iscritti, ma in tutto siamo 35mila».

Partiamo dalla fine. Ieri l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli ha detto che «serve fermare la catena degli attacchi». Venerdì un’altra bandiera palestinese è comparsa in Galleria, mostrata dall’ex deputato dei Verdi Stefano Apuzzo che chiede lo stop del genocidio. Era già successo, dal Duomo, lo scorso giugno.

«Anche noi piangiamo le vittime innocenti della guerra, non siamo fanatici».

In una recente intervista il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha detto che il Governo ha protetto e proteggerà gli ebrei dal «rigurgito antisemita».

«Non è abbastanza. Dal 7 ottobre siamo a rischio. Non sono in programma riforme strutturali per integrare le comunità islamiche. In alcuni degli ultimi reportage di Klaus Davi in città emergono pensieri mostruosi contro gli ebrei. Abbiamo moschee a Milano in cui s’inneggia ad Hamas. C’è qualcosa che non va. Servirebbero dialoghi e incontri. Quello che succede, in generale, è segno di intolleranza».

È possibile il dialogo?

«Sì, ma vanno isolate le fazioni estreme. I nostri rapporti con la moschea di via Meda, per esempio, sono buoni».

Dunque, che fare?

«Prendere spunto da una legge tedesca che facilita le espulsioni di chi alimenta l’odio. E fatta salva la libera critica, anche spietata, a Israele, assimilare l’antisionismo all’antisemitismo».

Uno dei casi che più ha colpito è stata l’aggressione alla Brigata Ebraica durante il corteo del 25 Aprile milanese.

«Il nuovo presidente dell’Anpi Primo Minelli aveva invitato la comunità palestinese. Noi eravamo dubbiosi, come rispetto alla richiesta dei giorni scorsi di rimuovere il memoriale dell’oppositore russo Navalny dalla Loggia dei Mercanti. E il partigiano di oggi. Una mancanza di sensibilità politica e umana. Non mi piacciono le polemiche, ma su questioni centrali non possiamo tacere».

Ha parlato di recente con Minelli?

«No».

I rapporti sono cambiati?

«L’ex presidente dell’Anpi Roberto Cenati aveva la capacità di parlare a tutti i mondi partigiani. Minelli, coinvolgendo la comunità palestinese, anche con le migliori intenzioni, ha dialogato con dei fanatici: un errore politico».