Fonte:
moked.it
Autore:
Noemi Di Segni
Noemi Di Segni (UCEI): Disonesto chi sfila e minaccia gli ebrei
Il Gay Pride è un appuntamento che da anni nelle diverse città vede riunirsi associazioni e cittadini uniti dall’aspettativa che l’orientamento di genere non sia una ragione di discriminazione nei vari contesti della vita. Anche l’associazione Magen David Keshet Italia che rappresenta una voce Lgbtq+ ebraica presente con l’orgoglio ebraico che si aggiunge a queste battaglie di riconoscimento, accettazione e parità. Non un tema facile per l’ebraismo tradizionale, per le nostre comunità fondate sull’ortodossia, che come altri contesti religiosi, si trovano ad affrontare la sfida di ragionare sull’oggi, sui cardini della fede e il benessere delle persone e famiglie che desiderano fare parte della comunità stessa. È un dibattito, difficile, doloroso, che si snoda su diversi piani e di cui è difficile parlare in modo indiretto e astratto. A prescindere tuttavia dalle tensioni e dal dibattito interno o condiviso esternamente sull’accettazione o meno della componente Lgbtq+, il tema di quest’anno è quello della minaccia e del timore per chi si presenta con il Maghen David o la bandiera di Israele ad essere attaccato ed offeso e quindi la grave minaccia alla sicurezza. Come è possibile che in Italia e nelle nostre piazze proprio quella voce ebraica sia soffocata e minacciata, quella voce che invece esprime esattamente quel grado di libertà sognato e agognato nelle piazze dove comanda l’estremismo islamico? Veramente le comunità Lgbt pensano di poter sfilare a Gaza, in Iran e in altri Paesi comandati dal terrore radicale? Dove erano i queer palestinesi ieri? Erano lì a gridare con orgoglio la loro identità di genere? Ancora una volta ieri, cosi come l’8 marzo, il tema delle parità è stato abusato per prestarsi alla distorsione mediatica e alla propaganda. Fanno comodo a chi strumentalizza e affibbia ad Israele e agli ebrei la persecuzione genocida, lo spazio democratico, la cultura delle manifestazioni, e i presidi del confronto e della tolleranza. Fanno comodo la nostra cultura del confronto, delle mozioni, dei senati, delle piazze per fare passare messaggi che offuscano totalmente le menti. Non è con l’abuso delle piazze e dei carri che si ottiene benessere o vittoria per il popolo palestinese ma arginando la radicalizzazione e chi la finanzia; non è alzando bandiere palestinesi per gridare l’odio antiebraico o antisraeliano che si difendono le bandiere della pace che sia quella delle comunità Lgbtq+ o quella tra israeliani e palestinesi. Ancora una volta l’invito alla coerenza e alla verità per affrontare temi faticosi che richiedono anzitutto reciproco riconoscimento. Inizia con la coerenza istituzionale di chi guida comuni, accademie ed istituzioni nazionali e riguarda chi vi partecipa. Se la pretesa di parità è sincera e monta dal dolore delle discriminazioni che sia una voce coerente e sincera, capace di vedere dove nel mondo in nome di queste limitazioni vengono eseguite esecuzioni quotidiane, capace di riconoscere lo Stato di Israele dove le piazze si confrontano anche su questo, capace di riconoscere chi nella folla è davvero all’unisono e chi invece sfrutta quel dolore per generarne altro.