Fonte:
La Stampa
Autore:
Susanna Terracini
Rapporti con Israele, io sola contro tutti una follia il boicottaggio degli atenei
Il Senato accademico ha definito inopportuna la partecipazione al bando della Cooperazione Internazionale
Il Senato accademico dell’Università di Torino ha approvato martedì 19 marzo il testo seguente: «Il Senato accademico dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza». Si tratta di un accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica fra Italia e Israele che prevede, fra altre azioni, progetti di ricerca congiunti fra ricercatori italiani e israeliani (su temi che escludono applicazioni belliche). Ho manifestato il mio dissenso (unica nel Senato) perché sono fortemente contraria per principio al blocco delle collaborazioni scientifiche nel caso di conflitti. La comunità “Tenere aperto il dialogo non vuol dire essere insensibili verso gli orrori del conflitto” scientifica (inclusiva delle discipline sociali e quelle umanistiche) condivide l’obiettivo comune della ricerca sincera e disinteressata della verità. Per questo, le collaborazioni scientifiche e gli scambi di studenti e ricercatori sono un elemento portatore di comprensione e di unità fra i popoli. L’Università deve rafforzare questa unione e non dividere o discriminare gli scienziati. Le istituzioni accademiche scientifiche israeliane godono di grande prestigio e contano molte figure di grande rilevanza matematica. Si tratta di un ambiente accademico fortemente aperto e internazionale. Ho avuto più occasioni di parlare con i colleghi israeliani del conflitto con i palestinesi e la mia esperienza è che nella comunità degli scienziati israeliani vi sono prevalentemente posizioni moderate e spesso lontane da quella che è la politica governativa. Anche con i colleghi russi, dopo lo scoppio del conflitto, ho cercato di mantenere il più possibile dei rapporti scientifici e umani, pur essendo, come noto, visceralmente contraria all’invasione dell’Ucraina. Se la mozione del Senato avesse chiesto un cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi, l’ingresso degli aiuti umanitari, l’inizio di trattative di pace, l’avrei votata senza esitazione. Mantenere aperto il dialogo scientifico non vuol dire essere insensibili verso gli orrori del conflitto israelo-palestinese (gli attacchi del 7 ottobre, le stragi di civili, la fame, sete e la mancanza di medicinali nella striscia di Gaza), per i quali provo spavento e indignazione. Per costruire una cultura di pace è necessario smontare le diverse retoriche dell’odio e per questo fine le collaborazioni scientifiche possono rappresentare un momento importante di confronto e di relativizzazione delle posizioni conflittuali. La mia impressione delle vicende di martedì è che ci sia stata un po’ di superficialità nel voler assecondare le istanze degli studenti. Il livore e le inesattezze di alcuni interventi durante l’assemblea mi hanno portata a pensare che una maggiore intersezione fra studenti italiani, israeliani e palestinesi sarebbe veramente opportuna. Mi auguro, pertanto, che all’interno di tutte le componenti della nostra università e dei suoi organi si compia una riflessione più approfondita, libera da pressioni, sulle conseguenze anche simboliche delle decisioni adottate.