Fonte:
Milano Today
Autore:
Massimiliano Melley
Seduta di consiglio comunale dedicata al linguaggio d’odio: Elena Buscemi, presidente dell’aula, propone una commissione come quella presieduta da Liliana Segre in Parlamento. Il manager di Meta: “Hate speech diminuito, ma senza tecnologia non possiamo combatterlo”
Una commissione sull’hate speech (discorso d’odio) in consiglio comunale, sul modello della “commissione Segre” in Parlamento, per studiare insieme alla giunta le azioni per contrastarlo. Lo ha proposto Elena Buscemi, presidente del consiglio comunale di Milano, introducendo il dibattito speciale sul discorso d’odio a Palazzo Marino, un momento istituzionale inserito nel palinsesto degli eventi in vista della Giornata della Memoria, nel quale hanno preso parte anche il rettore dello Iulm Gian Battista Canova, la senatrice a vita Elena Cattaneo, il manager di Meta Luca Colombo, la pedagogista della Cattolica Milena Santerini e il coordinatore della rete nazionale contro l’hate speech Federico Faloppa.
Buscemi, nella sua introduzione, ha ricordato che oggi il 63% del linguaggio d’odio in Italia è contro le donne, e che la persecuzione nazista nei confronti degli ebrei iniziò proprio con le parole, “base su cui si sono poi innestate progressivamente le azioni, che le parole, appunto, hanno preparato e introdotto”.
Cambiare le narrazioni
Sottintesa (ma non troppo) l’impressione, nei vari interventi, che vent’anni e più di ricorrenza del Giorno della Memoria non abbiano intaccato l’odio strisciante nei discorsi pubblici, non solo da parte della gente comune ma anche dei politici e degli opinion leader. È stato fatto notare come, in base ad alcune rilevazioni, sia addirittura cresciuta la quota di persone che non credono alla realtà storica dell’Olocausto: dal 2004 al 2020, la percentuale di italiani che sostiene che la Shoah non sia esistita è aumentata dal 2,7% al 16%. “Dove abbiamo sbagliato?”, si sono chiesti sia i relatori sia alcuni consiglieri comunali intervenuti durante il dibattito. Una crisi narrativa che, per il rettore dello Iulm Canova, va affrontata cambiando il modo di raccontare. Per il docente, la scuola andrebbe ripensata, giacché “è sparita la geografia e i ragazzi studiano tre volte i Fenici e male la Seconda guerra mondiale”.
Il “cervello imperfetto”
D’altra parte, il cervello “è un organo imperfetto”, diceva Rita Levi Montalcini, citata dalla senatrice (e scienziata) Cattaneo, secondo cui sembra incredibile che la nostra specie sia riuscita a far muovere un mezzo su Marte ma ricada ancora nell’odio. Dentro il cervello, per la ricercatrice, s’annida l’istinto della paura del diverso. Sfidare la convinzione richiede un potenziale “pericolo”, per cui si preferisce “stare avvinghiati alle nostre idee”.
Inevitabile, anche per la presenza di un top manager di Meta in Italia, parlare anche di social network, con qualche bizzarro suggerimento (che sia il singolo individuo, ritenendosi offeso, a potersi tutelare direttamente dall’hate speech sui social, proponevano due consiglieri comunali) garbatamente respinto da Colombo, secondo cui questo è un compito della magistratura, altrimenti il social diverrebbe “una giungla totale”.
Meta: “hate speech diminuisce”
Il punto di vista di Meta (che, lo ricordiamo, comprende Instagram e Facebook) è comunque favorevole ad accorgimenti come la lotta all’anonimato, tanto che su Facebook (dove, in teoria, non si potrebbe restare anonimi per policy della piattaforma), tra luglio e settembre 2023, sono stati rimossi ben 860 milioni di account, 9 su 10 attraverso l’intelligenza artificiale. E 95 contenuti di hate speech su 100 vengono rimossi senza una segnalazione di stimolo. Una mole di controlli che non può essere affidata alla moderazione “umana”, ma deve necessariamente passare per la tecnologia.
D’altronde, secondo i dati riportati dal manager di Meta Colombo, i contenuti d’odio nel trimestre tra luglio e settembre del 2023 sui social del gruppo è stata calcolata in 2 su 10mila misurati. Un numero rilevante considerando la mole di utenti (solo in Italia, 39 milioni su Instagram e 35 su Facebook), ma diminuita rispetto al 2020, quando la misurazione portava a 11 contenuti su 10mila. “Vuol dire avere rdotto di più di un quinto il contenuto di hate speech“.
Fonte dell’immagine: Cimma/LaPresse