Fonte:
www.mosaico-cem.it
Autore:
Marina Gersony
«Invocare al genocidio degli ebrei viola o non viola le regole di condotta delle vostre università?». È la domanda esplicita che la deputata repubblicana Elise Stefanik, ex studentessa di Harvard, ha rivolto alle tre presidenti delle più rinomate università americane durante un’udienza alla Camera degli Stati Uniti, chiedendo loro se «invocare o fare appello al genocidio degli ebrei» costituisse effettivamente molestie e violasse i codici di condotta delle rispettive istituzioni.
Si tratta di Claudine Gay di Harvard (nella foto), Sally Kornbluth del MIT (Massachusetts Institute of Technology) ed Elizabeth Magill dell’Università della Pennsylvania, le tre dirigenti al centro della controversa e accesissima udienza del Congresso sull’antisemitismo USA nei campus universitari durata cinque ore.
Giovedì scorso il Congresso degli Stati Uniti ha avviato un’indagine sull’antisemitismo nelle università d’élite, un fenomeno in crescita dopo gli attacchi scioccanti del 7 ottobre contro Israele da parte dei terroristi guidati da Hamas che hanno ucciso 1.200 persone, per lo più civili, e catturato circa 240 ostaggi. La preoccupazione principale riguarda la carenza di obiettività da parte delle istituzioni educative più prestigiose, come attestato da varie indagini e come abbiamo riportato in dettaglio su questo stesso sito.
Dopo essersi astenute dal rispondere chiaramente e dal condannare esplicitamente gli appelli al genocidio degli ebrei come violazione delle norme contro le molestie in ambito universitario, le tre dirigenti hanno fornito risposte ambigue, generiche e carenti di dettagli. Hanno sottolineato che la violazione delle regole delle rispettive istituzioni sarebbe avvenuta solo nel caso in cui l’invocare il genocidio avesse generato episodi di bullismo.
Interrogata dalla deputata Stefanik sulla conformità dell’atto di «invocare il genocidio degli ebrei» al codice di condotta di Harvard., la presidente dell’ateneo Claudine Gay ha evitato una risposta affermativa, dichiarando che «solo quando il discorso si trasforma in condotta, interveniamo». La presidente del MIT, Sally Kornbluth, senza rilasciare una dichiarazione netta e chiara, ha precisato martedì scorso che il linguaggio che invoca il genocidio degli ebrei sarà oggetto di «indagine come molestia solo se pervasivo e grave». Le dichiarazioni ambigue della Magill, avvocata sostenitrice della libertà di espressione, hanno aggiunto incertezza alla discussione; quando è stata sollecitata sulla possibilità di disciplinare gli studenti che invocano il genocidio degli ebrei, ha dichiarato che «la questione dipende dal contesto», scatenando così critiche vibranti e immediate condanne.
Come riportato dal Times of Israel, la deputata Stefanik ha quindi concluso indignata: «Dopo la testimonianza patetica e moralmente fallimentare di questa settimana da parte dei rettori e rettrici in risposta alle mie domande, l’Education and Workforce Committee (Comitato per l’Istruzione e la Forza Lavoro) sta avviando un’indagine ufficiale del Congresso impiegando pienamente il potere di citazione contro istituzioni come Penn, MIT, Harvard e altri. «Sfrutteremo tutta la nostra autorità congressuale per ritenere queste scuole responsabili del loro fallimento sulla scena globale».
La reazione all’udienza è stata bipartisan. Josh Shapiro, governatore democratico della Pennsylvania, ha osservato a sua volta che le risposte della presidente dell’università del suo Stato, Elizabeth Magill sono «inaccettabili». Mentre l’accademico progressista Laurence Tribe, professore di Harvard, si è detto d’accordo con la deputata Stefanik, che ha interrogato con determinazione la presidente Claudine Gay: «Non sono un fan di Stefanik, ma stavolta sono d’accordo con lei», ha scritto il professore su Twitter/X: «La risposta esitante ed evasiva mi disturba profondamente, e lo stesso vale per molti miei colleghi, studenti e amici».
La Casa Bianca ha risposto alla controversia sottolineando l’inaccettabilità degli appelli al genocidio: «È incredibile che sia necessario dirlo: gli appelli al genocidio sono mostruosi e antitetici a tutto ciò che rappresentiamo come Paese», ha detto in una nota un portavoce del presidente Joe Biden. Mentre musei come Yad Vashem hanno accusato i presidenti di minimizzare e contestualizzare l’antisemitismo. L’udienza si inserisce ad ogni modo in un contesto più ampio di indagini governative sul crescente antisemitismo e islamofobia nei campus universitari, che hanno portato alcune scuole a affrontare azioni legali e perdite di finanziamenti.
Virginia Foxx, presidente della commissione per l’Istruzione, ha avvertito che altre università dovrebbero aspettarsi di essere coinvolte nelle indagini.
La ritrattazione
In tutto il clamore di questa vicenda, in seguito alle crescenti critiche, mercoledì scorso le dirigenti hanno cercato di ritrattare, rettificare o mitigare le loro affermazioni durante l’udienza al Congresso Usa: la presidente Gay ha emesso una dichiarazione cercando di correggere le interpretazioni distorte delle sue osservazioni osservando che le richieste di genocidio contro gli ebrei non sono tollerate ad Harvard. Ha sottolineato che gli appelli alla violenza o al genocidio contro la comunità ebraica sono categoricamente vili e che coloro che minacciano gli studenti ebrei saranno chiamati a risponderne.
D’altro canto, la presidente Magill, sembra aver ritrattato alcuni dei suoi commenti che hanno suscitato una forte indignazione, ammettendo di aver dato la priorità alle preoccupazioni sulla libertà di parola a scapito di altre considerazioni. Ha riconosciuto che l’appello al genocidio del popolo ebraico è «malvagio, chiaro e semplice» e ha dichiarato che costituisce molestia o intimidazione. «In quel momento, ero concentrata sulle politiche di lunga data della nostra università in linea con la Costituzione degli Stati Uniti, secondo le quali la parola da sola non è punibile», ha detto Magill in un video. Ha sottolineato tuttavia che l’appello al genocidio è inaccettabile e sarà oggetto di un’attenzione seria e approfondita per quanto riguarda le politiche dell’università.
Intanto, sempre come riporta The Times of Israel, alcuni atenei hanno affrontato azioni legali e hanno perso le donazioni dei sostenitori ebrei e filo-israeliani per la loro risposta all’attivismo anti-israeliano nei campus, portando alcuni a sospendere i gruppi studenteschi filo-palestinesi. Nessuna delle tre università rappresentate nel comitato ha sospeso tali gruppi.