Fonte:
milano.repubblica.it
Autore:
Paolo Berizzi
Crescono i casi di antisemitismo dopo gli attacchi del 7 ottobre. Ugei: “Otto giovani ebrei su dieci hanno cambiato le loro abitudini di vita nell’ultimo mese”
Sono alcuni dati, allarmanti, emersi da un report realizzato dall’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) su oltre 4mila giovani ebrei di età compresa tra i 18 e i 35 anni presenti nel nostro Paese
Otto giovani ebrei su dieci in Italia hanno cambiato abitudini di vita per paura di subire aggressioni a causa della propria identità. Sei su dieci sostengono che sempre la loro identità ebraica può costituire motivo di discriminazione sul posto di lavoro o di studio. E ancora: un giovane ebreo su due dichiara di avere assistito o di essere stato vittima di almeno un episodio di antisemitismo nell’ultimo mese. Sono alcuni dati, allarmanti, emersi da un report realizzato dall’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) per sondare il sentimento, gli umori, la prospettiva degli oltre 4mila giovani ebrei – studenti o professionisti – di età compresa tra i 18 e i 35 anni, presenti nel nostro Paese. Il sondaggio nasce in seguito alle tante segnalazioni di casi di antisemitismo – online e offline – arrivate a UGEI nelle ultime settimane: segnatamente dal 7 ottobre, ovvero dall’attacco di Hamas ai kibbutz israeliani. In un contesto di tensione crescente si è dunque deciso di affidare a un team di ricercatori – guidato da Giulio Piperno – un sondaggio che ha riguardato un campione di 230 intervistati. La quasi totalità di loro sostiene che l’antisemitismo sia in crescita e la maggioranza riporta di sentirsi giudicata unicamente a causa della propria identità ebraica. Al centro delle risposte degli intervistati ci sono i timori per la sicurezza personale: il 60% dichiara di avere cambiato alcune abitudini di vita, il 26% molte. Esempi: c’è chi, per rendersi non riconoscibile, non indossa più la kippah in luoghi pubblici; chi la indossa coperta da un cappellino; c’è chi ha tolto dai portoni delle abitazioni o dalle finestre addobbi e segni che possano ricondurre alle origini ebraiche. E chi non parla più in lingua ebraica quando si trova in mezzo ad altre persone. L’aggressione dell’altro giorno subita nel centro storico di Genova da un rabbino torinese – minacciato con un cacciavite e insultato – ha influenzato ulteriormente la percezione di sicurezza tra gli ebrei italiani.
Ma vediamo da dove vengono gli alert del campione intervistato nella ricerca. Licei, università, uffici. Più della metà dei giovani sentiti sostiene che è lì che la propria identità rappresenta motivo di discriminazione. Dato scorporato: il 43% si dice “abbastanza d’accordo”, il 19% “molto d’accordo”. A generare timore sono gli episodi di antisemitismo: centoquindici giovani raccontano di avere subìto o di avere assistito ad almeno un caso di discriminazione nell’ultimo mese. Quando è stato chiesto ai ragazzi se si ritengono soddisfatti della risposta arrivata dalle istituzioni, il 53% ha giudicato positivamente ma soltanto per quanto riguarda le istituzioni ebraiche (reazione “buona” o “ottima” nel 23% dei casi). Le risposte di istituzioni, social network e testimoni diretti risulta invece “largamente scarsa o insufficiente”. Molti hanno fatto riferimento alle risposte deludenti arrivate dall’ambiente universitario.
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