Fonte:
Moked.it
Natura e genesi del pregiudizio, il progetto UCEI per le scuole
Il pregiudizio, a volte banale o scherzoso, “è alla base di pensieri distorti, premessa di forme diverse di ostilità, emarginazione, razzismo”. Difficile da rimuovere, richiede “un esame attento alle sue radici, alle sue motivazioni, alle modalità con le quali si manifesta”. Sono i presupposti a partire dai quali si dipana il progetto “Natura e genesi del pregiudizio”, sviluppato dall’UCEI nel segno di una sperimentazione sul campo avviata nel 2019 attraverso l’iniziativa “Prevenire il pregiudizio, educare alla convivenza”.
A comporlo un pacchetto di testi scritti e audiovisivi, rivolti al mondo della scuola come materiale di formazione ma aperti anche ad altri utilizzi sia a livello individuale che in gruppi di discussione. Dal pregiudizio “come rifiuto della scienza” al razzismo che viaggia sui canali “online”, dalla tutela dei “diritti fondamentali della persona” alle azioni specificamente dedicate al contrasto dell’antisemitismo “nella scuola”. E ancora, tra i tanti temi approfonditi nei saggi e nelle interviste fruibili sul sito ‘Scuola e Memoria’, in un’apposita sezione: cospirazione e complotto, l’idea di nazione, l’immaginario sociale delle leggi razziste, razzismo e pregiudizio nello sport.
Il progetto documenta “un significativo passaggio, nel dovuto ricordo della Shoah, da eventi celebrativi ad azioni e prodotti che riflettono sul passato guardando il presente e il futuro” spiega Saul Meghnagi, Consigliere UCEI e suo direttore scientifico. Vi è infatti, sottolinea, “un chiaro riferimento all’esperienza ebraica”. Ma si parte da questa “per guardare la società nel suo insieme”. Nel segno, aggiunge Meghnagi, “di un ebraismo che non ragiona solo su stesso ma su tutte le sfumature dei fenomeni relativi a pregiudizio, intolleranza, razzismo, esclusione”. Prezioso in questo senso il contributo dell’ambasciata tedesca in Italia, nell’ambito di “un’intesa e di una sintonia” che hanno già dato vari frutti in passato. Il progetto è ora nella fase della sua prima comunicazione e diffusione, a partire dal ministero dell’Istruzione. Anche altri enti e realtà stanno comunque manifestando un certo interesse. “Penso ad esempio al Meis, che si è già attrezzato per segnalare ‘Natura e genesi del pregiudizio’ ai propri utenti”, dice Meghnagi. Future iniziative e presentazioni sono inoltre allo studio per comunicarne le finalità a un pubblico il più possibile ampio.
Tredici unità didattiche compongono il progetto e sono costituite da un saggio introduttivo corredato di bibliografia di riferimento; una intervista all’autore o autrice; una proposta didattica che offre, in genere, passi di documenti originali o di letture.
“Il progetto è stato realizzato nella seconda parte del 2022, grazie a un’efficace gioco di squadra: sono stati mesi di impegno molto intensi per tutto lo staff coinvolto” rileva Odelia Liberanome, che ne è la coordinatrice. A comporre il mosaico di proposte messe in rete in questi giorni “lavori con una loro versatilità e flessibilità, fruibili in un contesto non di sola educazione formale”. Una eterogeneità di temi e possibilità di studio e approfondimento con a monte “una ratio, un pensiero, un percorso organizzato”. Liberanome è entusiasta del risultato raggiunto: “La qualità dei lavori è molto alta, sia nei testi che nelle interviste: un contributo prezioso e un valore aggiunto per le scuole e più in generale per la società italiana”. A firmare gli interventi – oltre a Meghnagi e Liberanome, autori di una guida introduttiva per gli insegnanti – sono Enrico Manera, Giuseppe Tipaldo, Enzo Campelli, Marcello Flores, Mario Toscano, David Bidussa, Stefano Pasta, Melissa Sonnino, Fabio Lucidi, Diletta Tega, Claudia Tedeschi, Micaela Procaccia e Sira Fatucci.
La costruzione della cultura di singoli e di comunità si sviluppa in forme diverse da persona a persona e da gruppi a gruppi, in relazione alle condizioni storiche e sociali, ai contesti di vita e di lavoro, ai tempi e ai luoghi. Questo, evidenziano Meghnagi e Liberanome nel loro saggio, è l’esito di un’elaborazione di saperi volutamente trasmessi e accolti, di idee, di informazioni, di abilità acquisite in via informale o attraverso l’esperienza. Il risultato “di percorsi non lineari, nel corso dei quali, si costruisce e ricostruisce un modo di porsi di fronte alla realtà, si assumono riferimenti di valore, si tracciano legami di appartenenza, si definiscono identità, suscettibili di modificarsi nel tempo, in ragione delle condizioni e valutazioni di carattere, storico, civile, etnico, di genere e di classe”. La scuola, considerato ciò, “ha il compito di contribuire da un lato alla trasmissione storicizzata dei diritti fondamentali della cittadinanza, in occidente formalizzati in genere da Costituzioni”, dall’altro di chiarire “la pluralità delle fonti, consuetudinarie, esperienziali, religiose, dei valori costitutivi di una società e della sintesi che del tutto si realizza negli Stati laici”, contribuendo così alla certezza di diritti giuridici nella libertà “delle forme identitarie legate a esperienze di religione, di gruppo, di comunità”. Sono molte d’altronde “le forme per aggredire il diverso: la psicologia, la cultura, i costumi, le istituzioni”. Si può, per esempio, “sostituire il rifiuto fondato sulla carnagione scura o la fisionomia levantina, per attaccare la religione, il cibo, il rapporto tra uomini e donne, la solidarietà reale o presunta del gruppo”. Ed esiste senz’altro anche il razzista in senso stretto, “quello che, riferendosi alle differenze fisiche tra sé e l’altro, se ne serve per prefigurare una discriminazione di quest’ultimo; che crede di poter riunire questi tratti differenziali in configurazioni coerenti che definisce razze: quella altrui detestabile, la sua apprezzabile; che, autorizzandosi con questa superiorità particolare, pretende di godere legittimamente di vantaggi di altro ordine: economici, ad esempio, o politici, o semplicemente di prestigio”. Il discorso del razzista, si osserva, non è sicuro nelle sue basi, non è coerente nel suo sviluppo, non è giustificato nelle sue conclusioni: ”È una scelta passionale o deliberata, che non si riconosce come tale per il timore di non essere più credibile; è anche una concezione dell’uomo e dei rapporti umani in cui il conflitto è esaltato e la vittoria del più forte giustificata”. A chiarirlo, “nei limiti del possibile”, i materiali offerti alla collettività in questo progetto.
Alcuni numeri: “Natura e genesi del pregiudizio” può contare su circa 300 pagine di saggi, 160 pagine di letture di supporto, più di 500 titoli indicati nelle bibliografie, quasi sei ore di interviste professionali.