Fonte:
La Repubblica edizione di Milano
Autore:
Luca De Vito
La condanna per un post omofobo “Le parole di Tuiach palesemente false”
I giudici sottolineano l’intenzione di nuocere alla reputazione della parte lesa
Frasi «platealmente false» e con «l’evidente intento di nuocere alla reputazione» della persona citata. Così il collegio dei giudici del tribunale di Trieste presieduto da Francesco Antoni ha motivato la durissima sentenza nei confronti di Fabio Tuiach, il 42enne ex pugile ed ex consigliere comunale della Lega a Trieste, condannato a due anni per il reato di diffamazione. È il processo in cui si era costituita parte civile anche l’associazione milanese dei Sentinelli, cui il giudice ha riconosciuto un risarcimento di 5 mila euro (15 mila per la vittima). La vicenda era legata a una serie di post omofobi pubblicati da Tuiach sul social russo VKontakte, con rifererimenti a un episodio di aggressione nei confronti di un attivista Lgbt a Repen in provincia di Trieste. Il collegio ha richiamato in particolare un post in cui la vittima viene denotata «come pedofilo» perché Tuiach sosteneva che l’uomo fosse stato aggredito dopo aver molestato un giovane. «Si è dunque in presenza di una grave lesione della reputazione» della vittima, si legge nella sentenza: «Quanto sostenuto da Tuiach è platealmente falso. Egli non ha mai avuto accesso ad alcuna fonte informativa qualificata, né si è premurato di specificare, nel suo post, donde avesse ricavato le “informazioni” così divulgate, limitandosi a fare un vacuo riferimento a “voci di corridoio”. (…) è scoperto ed evidente l’intento del Tuiach di nuocere alla reputazione» della vittima «cogliendo l’occasione della notizia relativa all’aggressione che questi aveva subito, inventando di sana pianta circostanze che nulla avevano a che vedere con quanto era realmente avvenuto». Frasi che non possono certo essere ritenute politiche: secondo i giudici «Ancorché sia innegabile che di questi tempi, in linea generale, il linguaggio della politica sia marcatamente imbarbarito e banalizzato — si legge nel dispositivo — giammai si potrebbe ritenere che il dileggio pubblico di una persona, diretto a colpire la sua sfera strettamente personale e privata e non a criticare le sue idee o i suoi comportamenti pubblici, sia un argomento politico lecito e, magari, anche scriminato dall’esercizio di un diritto». Se a Tuiach non sono state concesse le attenuanti generiche ed è stata riconosciuta la recidiva reiterata, il giudice non ha ritenuto sussistere l’aggravante dell’odio sulla base della legge Mancino, come era stato richiesto dai Sentinelli in quanto parte civile del processo: «Il Tuiach era stato motivato da intenti discriminatori nei riguardi di persone aventi orientamento omosessuale, ma non per finalità di discriminazione etnica, nazionale, razziale o religiosa», si legge nella sentenza che, in ogni caso, ha alzato di molto la pena rispetto ai dieci mesi che erano stati chiesti dal pm al termine della requisitoria. «Per noi è stata ed è una grande vittoria — ha detto Paola Ponte, avvocata che assiste l’associazione i Sentinelli —. Non è definitiva la sentenza (potrà essere appellata ndr) e non è definitiva la vittoria: siamo assolutamente consapevoli che la strada è ancora lunga e non del tutto asfaltata. Le motivazioni della sentenza ci convincono ancora una volta ed ancora di più che sia necessario intervenire legislativamente per coprire un vuoto normativo e la necessità di proseguire la battaglia per l’approvazione del Ddl Zan».