Fonte:
www.mosaico-cem.i
Autore:
Daniel Mosseri
La Germania adotta una strategia contro l’antisemitismo. Ma sarà abbastanza?
BERLINO – La violenza verbale su Internet esplosa durante la pandemia di Corona, gli attacchi per strada a chi porta la kippah o parla ebraico, le sassaiole contro alcune sinagoghe. L’antisemitismo non è morto in Europa (né altrove) e la Germania non fa eccezione. Il 2021 non è stato un anno buono sotto questo profilo: Statista ha contato 3.027 reati a carattere antiebraico (dei quali 57 definiti violenti) registrati dalla polizia tedesca, in netta crescita rispetto ai 2.351 del 2020 (57 gli atti violenti) e ai 2.032 (73 violenti) del 2019. (Nella foto allegata, l’attentato alla sinagoga di Halle del 2019).
“Il massiccio aumento del numero di crimini antisemiti di un altro 29 per cento mi preoccupa molto”, ha dichiarato lo scorso maggio Nancy Faeser, ministra degli Interni del governo guidato da Olaf Scholz. “È una vergogna per il nostro paese quanto incitamento antisemita e disprezzo per l’umanità si stia diffondendo ancora oggi”.
La Judenhass (l’odio per gli ebrei) nella Repubblica federale non si ferma, alimentata ora dall’antisemitismo di estrema destra, ora dall’antisionismo del fronte opposto, dal complottismo trasversale agli schieramenti, e all’odio di tanti immigrati vecchi e nuovi in arrivo dal Medio Oriente, spesso fomentati da moschee finanziate dall’estero. Eppure la comunità ebraica in Germania non smette di crescere e consolidarsi. Lo scorso 21 novembre il presidente federale Frank-Walter Steinmeier ha partecipato all’ordinazione di cinque rabbini ortodossi e di un hazan alla sinagoga di Hannover nella prima cerimonia di questo genere celebrata in Bassa Sassonia dalla Seconda guerra mondiale. Un’occasione gioiosa durante la quale il capo dello stato non ha comunque dimenticato di chiedere “vigilanza” a tutti i tedeschi perché “l’antisemitismo è sempre più sfacciato e palese”, e gli ebrei sono sempre troppo spesso calunniati, ridicolizzati e aggrediti fisicamente, ha detto il capo dello stato.
Pochi giorni dopo, il governo federale ha dato concretezza alle parole di condanna della ministra e del capo dello stato presentando la nuova “Strategia nazionale contro l’antisemitismo e per la vita ebraica”. Il suo obiettivo è rafforzare gli ebrei in Germania e rendere più visibile la realtà della loro vita. L’obiettivo è anche contribuire a prevenire e combattere l’antisemitismo a tutti i livelli politici e sociali lavorando su diversi campi d’azione: raccolta dati, educazione come prevenzione, cultura della memoria, consapevolezza storica e commemorazione, antisemitismo sicurezza, storia ebraica.
La Strategia nazionale è stata sviluppata sotto la guida del Commissario del governo federale per la vita ebraica in Germania e la lotta all’antisemitismo, Felix Klein. Klein, che ha apertamente citato l’odio antiebraico legato all’odio per Israele, ha definito il programma “una pietra miliare” per la Germania. Una pietra “di cui abbiamo bisogno”, ha spiegato. Da un lato solo nelle settimane subito precedenti al lancio del progetto sono stati registrati attacchi alla Rabbinerhaus e alla nuova sinagoga di Essen come anche è stata strappata una mezuza dall’ingresso di una sinagoga al centro di Berlino. E comunque, ha ripreso Klein, “il libero sviluppo della vita ebraica è il parametro della democrazia”.
Accanto a lui c’era la rappresentante dell’Ue contro l’antisemitismo, Katharina von Schnurbein, che ha proposto di estendere l’idea tedesca dell’“anno tematico” sulla vita ebraica –a tutta l’Unione europea. Per Klein, l’anno tematico ha portato alla consapevolezza “che le persone sono interessate a saperne di più sulla vita degli ebrei”.
Von Schnurbein e Klein hanno poi menzionato un tema sollevato dal presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Josef Schuster, secondo cui le sentenze relative a crimini antisemiti sono “troppo spesso mitigate in virtù di riferimento all‘infanzia difficile di chi ha commesso il reato o ad circostanze generali”. Un esempio su tutti: nel 2017 il tribunale di Wuppertal ha stabilito che tre palestinesi colpevoli di aver lanciato bombe molotov contro la sinagoga di Wuppertal nel 2015 stavano solo “attirando l’attenzione sulla situazione di Gaza”. I tre furono condannati per tentato rogo ma non scattò alcuna aggravante per razzismo.