Fonte:
Moked.it
Autore:
Adam Smulevich
“Giustizia per Sarah Halimi, una battaglia anche nostra”
È una lotta che non si fermerà quella per avere giustizia e consegnare al carcere, l’unico posto in cui può stare, l’assassino di sua madre Sarah. Una donna, ricorda il figlio, “amabile, dotata di forza interiore e donatasi al prossimo con devozione”. Figura di riferimento per la famiglia, ma anche per i tanti giovani che l’hanno conosciuta anche in qualità di educatrice “attaccata alla Torah e ai valori ebraici”.
C’è un’emozione particolare nella voce di Yonathan Halimi, ospite d’onore della serata organizzata ieri a Roma dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per fare memoria della madre e per affrontare i tanti nodi irrisolti di questa vicenda sul piano anche giudiziario. A partire dalla sentenza della Corte di Cassazione francese dello scorso anno che ha sancito l’impunibilità del suo carnefice a causa di una precedente assunzione di droghe ritenuta all’origine di una temporanea incapacità di intendere e volere. Yonathan parla di “negazione di giustizia”, esprimendo con questa locuzione tutto il suo dolore e tutto il suo rammarico. Ma non certo la volontà di arrendersi. Supportato in ciò dalle istituzioni di un ebraismo italiano che, racconta, “ho sempre sentito al mio fianco”.
Sia che ci fosse da protestare e far sentire la propria voce nelle piazze. Sia che si trattasse di dare forza ai progetti avviati nel nome di Sarah sotto l’egida dell’organizzazione Ohel Sarah da lui animata ad Haifa per facilitare l’integrazione degli ebrei francesi in Israele. Ad attestarlo anche la consegna di un attestato di riconoscenza tra le mani della Presidente UCEI Noemi Di Segni.
Molti gli interventi che hanno caratterizzato una serata intensa e commovente, condotta dal Consigliere dell’Unione Gadi Schoenheit con saluto introduttivo della Presidente Di Segni. Accanto a Yonathan anche la moglie Esther. “Ci sentiamo in dovere e in diritto di mettere un punto interrogativo su una sentenza che, con diversi presupposti, avrebbe forse avuto un diverso esito”, ha esordito Di Segni nel rinnovare agli Halimi la vicinanza dell’Unione. Ammirevole, il suo pensiero, “la forza di reagire di una famiglia che non intendiamo lasciare sola: la loro vicenda riguarda tutti noi”. Ad essere tracciata è stata poi una mappa dei vari fronti dell’odio aperti non solo in Francia ma anche in Italia: quello di estrema destra, quello verso lo Stato di Israele, quello di chi distorce la Shoah; e ancora, ha aggiunto Di Segni, l’antigiudaismo di matrice cattolica e la radicalizzazione di tipo islamico.
La parola è andata poi a Francis Kalifat, il presidente del Consiglio rappresentativo degli ebrei di Francia (Crif): “Sarah Halimi – la sua accusa – è stata la vittima di un crimine antisemita pianificato e poi messo in atto. Un crimine perpetrato nell’ambito di un antisemitismo islamico che la Francia fatica a riconoscere”. La forma oggi più mortale in cui si manifesta quello che Kalifat ha definito “l’arcipelago dell’odio e della violenza”, con propaggini significative anche negli ambienti più estremi “sia a destra che a sinistra”. Allarmanti a tal proposito “i dati dell’ultima indagine del ministero dell’Interno”, con varie centinaia di episodi censiti nel solo 2021. Una data spartiacque di consapevolezza, ha poi aggiunto Kalifat: l’attacco alla scuola ebraica di Tolosa del marzo del 2012. “Da quel momento è iniziata una nuova fase della nostra storia, tra dolore e rabbia” l’amarezza condivisa nell’elencare i nomi di tutte le vittime di quello e dei successivi attacchi. L’invito ai magistrati è stato pertanto a punire con efficacia “anche i piccoli atti, perché purtroppo spesso sono la premessa a fatti ancor più gravi; in genere però non si interviene”. Quella di Sarah Halimi, afferma il presidente del Crif, “è una vicenda che ha traumatizzato gli ebrei francesi; per la prima volta dalla fine della Shoah hanno avuto la sensazione che la giustizia non li proteggesse più”. Sarah è stata uccisa due volte, incalza: “Dall’antisemitismo islamico prima e da questo disastro giudiziario poi”. Un invito a non sottovalutare le cosiddette “microaggressioni” è arrivato anche da Milena Santerini, coordinatrice nazionale nella lotta contro l’antisemitismo, la cui analisi è partita dai dati elaborati dalla Fondazione CDEC nell’ultimo report annuale. Nella sua valutazione gli episodi di ostilità antiebraica si starebbero facendo “sempre più visibili, sfacciati e aperti”. Con un picco verificatosi “nel momento in cui Liliana Segre ha presentato la sua commissione contro l’odio in Senato”. Una vasta casistica di matrici nel grande prisma dell’antisemitismo. Con un tema tra tanti da non eludere: quello delle “nuove generazioni islamiche” che spesso si nutrono e formano a ciò già in tenera età. In questo senso, ha detto Santerini, la denuncia di uno studioso come Georges Bensoussan “è vera”. A far emergere alcuni inquietanti aspetti della sentenza è stato poi Giuliano Balbi, ordinario di Diritto Penale all’Università degli Studi della Campania. “Non ci sono precedenti, tutto il pregresso è difforme. Mai – ha spiegato – si era ritenuto che l’assunzione di cannabis potesse escludere la responsabilità penale”. Soltanto uno dei tanti aspetti che sembrano gettare un’ombra sulla dinamica degli eventi processuali. Un caso eloquente, tra gli altri: la decisione del tribunale di Marsiglia di punire un uomo che aveva scaraventato dal terrazzo un cane, sempre sotto gli effetti della cannabis. L’assassino di un cane è stato raggiunto dalla legge. Non quello, invece, “di un’anziana donna ebrea”. A concludere la serata l’intervento dell’avvocato Tommaso Levi del foro di Torino. “Ho iniziato a occuparmi di antisemitismo all’incirca 15 anni fa, su invito della Comunità ebraica. Un tempo non c’era la mole di lavoro odierna, con attacchi pressoché quotidiani e un’esperienza giudiziaria, purtroppo, che non è sempre tra le più confortanti”. A mancare più in generale, secondo Levi, “è una reazione da parte di una società in cui si stanno smarrendo gli anticorpi contro l’antisemitismo”. Serve un cambio di passo. Ed è urgente che un segnale “arrivi anche dalla magistratura”.