Fonte:
https://mowmag.com
Autore:
Grazia Sambruna
VK, il social dove tutto (il peggio) è permesso e dove si forma la nuova “Gioventù hitleriana”
Gli standard sono incredibilmente permissivi: meme nazifascisti che attaccano intere etnie (tutte, tranne quella “ariana”), largo spazio anche a insulti verso personaggi celebri della cultura e della politica nostrana tra cui Laura Boldrini, Liliana Segre, Roberto Saviano, David Parenzo, Papa Francesco e Matteo Salvini (“Servo sionista, una vergogna paragonarlo al Duce”). C’è anche chi si dedica alla filologia cercando di portare alla luce ipotetiche radici giudaiche di pressoché chiunque, compreso Simone Di Stefano (“chiaramente sefardita”) volto pubblico di CasaPound. Secondo questa logica – se così vogliamo chiamarla – tutti sono il nemico: tra i nomi dei “traditori della patria” per ragioni onomastiche è incluso perfino Giorgio Almirante
Naziskin. Tutto quello che abbiamo sentito dire sul nazismo nel 2021 lo dobbiamo a una gaffe di Orietta Berti sul nome della band vincitrice del Festival di Sanremo e dell’Eurovision. Due risate, una pioggia di meme e morta lì. Invece no. Il nazismo in Italia è attualmente un fenomeno piuttosto attivo, se sai dove andare a cercare. Partiamo dai fatti: in questi giorni un’inchiesta della Procura di Roma ha individuato 12 membri del gruppo filonazista “Ordine Ario Romano” (O. A. R.) con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla propaganda e alla discriminazione etnica e religiosa. Tra di loro Francesca Rizzi, la “Miss Hitler” trentanovenne di Pozzano d’Adda. Considerato che a Instagram e Facebook non sfugge un capezzolo, come è possibile che della becera propaganda nazista fiorisse sui social adescando nuove reclute e diffondendo messaggi d’odio razziale in tutto il mondo? Se vi state ponendo questa domanda, probabilmente non avete mai sentito parlare di VK.
VK è il social russo fondato nel 2006 da Pavel Durov, già papà di Telegram. Una specie di Facebook in cirillico – la grafica e i colori sono praticamente identici -, vanta oltre 95 milioni di iscritti e 3 miliardi di pagine visualizzate ogni giorno. In Russia bagna il naso a Twitter e compagnia, confermandosi ogni anno il re dei social. Tra le particolarità di VK c’è una politica sul diritto d’autore di manica molto larga, motivo per cui la piattaforma è stata oscurata in Italia dal 2013 al 2015. Non solo copyright violati, però. Gli standard sono incredibilmente permissivi tanto che, ormai da anni, qualsiasi utente una volta registrato e impostata la lingua italiana, può trovarsi davanti a qualunque genere di immondizia social: meme nazifascisti (esistono, sfondo rigorosamente nero) che attaccano intere etnie (tutte, tranne quella “ariana”). Largo spazio anche a insulti verso personaggi celebri della cultura e della politica nostrana tra cui Laura Boldrini, Liliana Segre, Roberto Saviano, David Parenzo, Papa Francesco e Matteo Salvini (“Servo sionista, una vergogna paragonarlo al Duce”). C’è anche chi si dedica alla filologia cercando di portare alla luce ipotetiche radici giudaiche di pressoché chiunque, compreso Simone Di Stefano (“chiaramente sefardita”, si legge) volto pubblico di CasaPound. Secondo questa logica – se così vogliamo chiamarla – tutti sono il nemico: ogni politico come ogni giornalista sarebbe in realtà un ebreo che sta ordendo complotti per arrivare all’annientamento della razza ariana. Tra i nomi dei “traditori della patria” per ragioni onomastiche è incluso perfino Giorgio Almirante.
Non c’è limite al peggio, come riportato già nel 2019 da Tpi, su VK il coro di ariani nostrani eleva i propri grugniti in totale libertà e senza accenni di censura. C’è chi vuole “confinare e sterilizzare tutti gli ebrei, a partire dai neonati”, chi nega l’Olocausto e dichiara guerra al sionismo “che ha mistificato i fatti permettendo agli ebrei di strisciare fino al Parlamento Italiano”, chi infine pensa bene di organizzare concorsi di bellezza ariana tipo il già citato “Miss Hitler” (ma le partecipanti, come premio di consolazione, possono portarsi a casa anche l’ambita fascia di “Miss Eva Braun”). Partecipare è semplicissimo, basta rispettare i prerequisiti fondamentali: “Essere una donna nazista con foto sexy”, “Portare più nazisti possibile sulla pagina”, “Non essere offensivi nei commenti alle foto delle altre concorrenti”. Nazisti uniti contro il bodyshaming ma al grido di “Non farti kosherizzare”.
Allucinanti i contenuti dei post, non solo per il tenore delle caption: meme con fotomontaggi che ritraggono Anna Frank in versione Frankenstein. “La più zozza del campo”, così la definiscono. Il futuro della “razza italica” sarebbe poi quello di diventare tutti scimmie, per via dell’immigrazione. Indecenti, le foto di famiglie “meticce” in cui a mamma e papà viene fatto tenere in braccio un cucciolo di macaco. “Difendi la razza, devasta il resto” ed ecco arrivare una vignetta in cui si spara in testa a chi osa dire che “L’antisemitismo è un reato in Italia”, mentre Piazzale Loreto è considerato un “omicidio rituale ebraico” che “verrà vendicato”. Nel mirino degli organizzatori, ça va sans dire, anche chiunque “sia trovato colpevole di atti omosessuali”.
Parole e immagini violentissime e feroci, praticamente quello che sarebbe accaduto se negli anni ’30 qualcuno avesse dato in mano i social alla Hitler-Jugend. Possibile che sia legale? La risposta è assolutamente no. Anche perché, per quanto il gruppo “Ordine Ario Romano” su VK non vantasse numeri da capogiro a livello di iscritti (risultando però fortissimo su Whatsapp e Telegram), la Procura di Roma ha appurato che i membri stessero pianificando attentati a una struttura italiana della Nato con tanto di tutorial su come fabbricare ordigni rudimentali. Dalle parole ai fatti, apparentemente il passo stava per essere compiuto. A interrompere i piani di Miss Hitler e compagnia, ha pensato la giustizia italiana anche oscurando tutti i loro canali, Facebook compreso. A diventare virale quindi, per ora, non il messaggio d’odio ma solo la notizia che vede 12 indagati ricevere un ordine di misura cautelare con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Das Ende?