Fonte:
Moked.it
La Pasqua secondo Recalcati
Sabato scorso il quotidiano La Repubblica ha pubblicato a tutta pagina un articolo di Massimo Recalcati intitolato “Pasqua, la vita oltre la Legge” nel quale, in salsa lacaniana, è possibile trovare quasi l’intero repertorio dell’antigiudaismo religioso classico, ossia i più triti luoghi comuni che contrappongono il messaggio di Gesù alla Torà e ai valori della legge mosaica, riprendendo l’accusa di formalismo rivolta ai farisei e ai dottori, quasi fossero portatori di una cultura della paura e della morte, mentre solo il messaggio cristiano sarebbe foriero di una cultura della libertà e della vita. Una visione del cristianesimo tipica della chiesa e della teologia pre-conciliari e di una ermeneutica dei testi sacri sia cristiani sia ebraici che ignora la storia, i contesti sociali e politici, l’evoluzione dei concetti teologici. Il risultato è quello di una psico-banalizzazione, in nome di un trionfo della ‘legge del desiderio’ a spese del ‘desiderio della Legge’ come rivelazione, luogo di incontro tra l’umano e il divino, strumento di conoscenza dei propri limiti e di educazione etica ai nostri doveri verso il prossimo. Ridurre e disprezzare per meglio rimuovere e sostituire: è l’atteggiamento del più grossalano sostituzionismo, che in teoria la Chiesa ha cassato ma che a livello di linguaggio popolare e di comunicazione di massa fa ancora molta presa. Recalcati lo cavalca alla grande, mischiando ovvietà a slogan libertari buoni per ogni festa religiosa.
Ecco un florilegio: “Non si tratta solo di sottrarre l’uomo a una interpretazione moralistica della Legge come peso che toglie il respiro, ma di affermare l’esistenza di un’altra Legge, di una nuova Legge che autorizza a coltivare il proprio desiderio – la propria vocazione, i propri talenti – anziché reprimerlo”. Una nuova legge che esalta il desiderio anziché reprimerlo? Ma questo è Lacan (forse), o Nietzsche lacanizzato, non certo un evangelo che enfatizza la purezza delle intenzioni oltre che delle azioni! A conferma di questa impostazione vengono citati Agostino e Paolo, ma solo per quel che serve ad avallare una religiosità fondata sul ‘desiderio’. Decontestualizzando e manipolando, si può far dire tutto a tutti.
Ancora Recalcati: “La promessa di Gesù è l’esistenza di una Legge libera dal peso della Legge: è la promessa che rivela che quella della morte non è la sola Legge poiché esiste un’altra Legge, quella del desiderio, che libera la vita dalla paura della morte”. E chi non desidera una vita libera dalla paura della morte? Ma ciò, scopre senza originalità Recalcati, si ottiene abbandonando la Legge ossia la Torà. E giù le citazioni sul sabato, che sarebbe “per l’uomo”, e non l’uomo per il sabato, senza un minimo di retropensiero o di approfondimento: che il sabato sia appunto la celebrazione più alta del senso della dignità dell’uomo, anzi della creazione tutta (in quanto riposo dalla creazione tutta, e non solo dell’uomo) e della libertà (ricordo dell’uscita dall’Egitto). Possiamo scusare che Recalcati non conosca l’origine farisaica di quel detto di Gesù sul sabato (che infatti si ritrova pari pari nel Talmud, e non certo perché i rabbini l’abbiano copiata dal vangelo); ma che tale passo evangelico venga usato per dimostrare che la Legge dà la morte e che Gesù liberi l’umanità dalla Legge “in nome del desiderio della vita”… più che antistorico, è teologicamente risibile e culturalmente insensato.
L’articolo, alla fine, plana su amenità come “il criterio che separa i salvati dai dannati è quello della vita che sa essere viva”… che mostrano l’inconsistenza di una riflessione che usa i testi religiosi di cristianesimo e giudaismo senza mai averli davvero studiati, paga di riciclare stereotipi che svuotano di senso persino la causa che vorrebbero servire, e che non contesteremmo, ancora una volta, se non fosse nota la loro pericolosità sociale. Non basta rivestire di nuovo linguaggio un vecchio arnese per renderlo ancora funzionante.
Marco Cassuto Morselli, Presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane
Massimo Giuliani, Università di Trento