26 Marzo 2021

Milena Santerini, La mente ostile. Forme dell’odio contemporaneo, Raffaello Cortina, Milano, 2021

Fonte:

Corriere della Sera - Corriere Innovazione

Autore:

Sergio Bocconi

La resilienza dell’odio in rete

Quando la senatrice a vita Liliana Segre si è vaccinata a Milano e ha dichiarato di non aver paura del vaccino ma della malattia, è stata di nuovo presa di mira sui social dagli hater. Gli odiatori. L’odio è sempre esistito ma solo oggi, con il web, si diffondono gli specialisti dell’odiare. Dei discorsi di odio. Gli hater: non ricordano i mangiamorte di Harry Potter? Gli hater: che cosa è successo perché oggi esista una categoria così, una definizione così? Hanno insultato e minacciato Liliana Segre perché estremisti no vax? Perché antisemiti? Perché negazionisti della Shoah? Perché con la sua testimonianza rappresenta un simbolo che, in quanto tale, è nemico? Per tutti questi motivi insieme e magari per altri ancora? Del tutto assente la ragione, forse è anche inutile domandarselo. Però c’è un aspetto che colpisce e che viene sottolineato da Milena Santerini in «La mente ostile. Forme dell’odio contemporaneo» (Raffaello Cortina editore): l’odio delle reti globali è, oltre che minaccioso, resiliente. E tale abilità di resistere dei gruppi hater risiede nella dinamica globale di “reti di reti”: cluster di odio interconnessi (anti-immigrati, antisemiti, antivaccino) formano autostrade dell’odio globali che si adattano, saltano i confini, attraversano paesi e lingue. Una organizzazione dell’odio online spontanea, talvolta al soldo dalla geopolitica, non ancora adeguatamente contrastata dalle grandi piattaforme, consapevoli che i contenuti di odio, ad alta intensità emotiva, raccolgono più click, più visualizzazioni e quindi più investimenti pubblicitari. L’odio trova nel web un terreno favorevole. In quanto tale si comunica fra le persone, diventa fenomeno di gruppo e, riconoscendo “noi” e “loro”, genera aggressività. L’odio online è diverso da quello offline: anonimato, invisibilità, distanza fisica, amplificazione, permanenza, istantaneità generano quella che Milena Santerini richiama come “disinibizione tossica”, più libertà di fare del male. «Il contagio emotivo diventa contagio morale attraverso like, share, retweet e algoritmi». E poiché chiunque può diventare bersaglio, molti si ritirano dal dibattito pubblico con l’esito «paradossale di trasformare i media sociali nello strumento per ridurre al silenzio e al disimpegno». E questo presente è anche storia.