Fonte:
La Stampa
Autore:
Caterina Soffici
Roald Dahl “nonno molto amato” ma antisemita La famiglia si scusa, ma lui sarebbe d’accordo?
Lo scrittore morto 30 anni fa. Dietro la scelta, motivi commerciali più che etici
Londra. A trent’anni di distanza la famiglia di Roald Dahl si scusa per le dichiarazioni antisemite del nonno. E se lui non fosse d’accordo? Probabilmente non lo sarebbe, dato che in più di una occasione il geniale scrittore di libri per bambini (da La fabbrica di cioccolato alle Streghe, da Matilde a Furbo, il signor Volpe, a Il grande GGG) ha ribadito il suo pensiero. In una famosa intervista con la rivista inglese New Statesman, nel 1983 Dahl dichiara: «C’è un tratto nel carattere ebraico che provoca ostilità. Forse è una sorta di mancanza di generosità verso i non ebrei». E aggiunge: «Anche un puzzone come Hitler non se l’è presa con loro senza ragione». Nel 1990, prima di morire a 74 anni, ribadisce il concetto in una intervista all’Independent: «Sono sicuramente anti-israeliano, e sono diventato antisemita come qualunque ebreo in un altro Paese, tipo l’Inghilterra, è fortemente sionista. È sempre la stessa vecchia storia: pullula di editori ebrei, controllano i media — cosa molto intelligente da fare — per questo il presidente degli Stati Uniti deve vendere tutta questa roba a Israele». È disgustoso e razzista? Certamente. Ma l’opera e l’autore vanno tenuti distinti, come si sa (bruciamo Céline? distruggiamo le opere di Caravaggio?). Ma il punto stavolta non è solo questo. Il punto è che dopo trent’anni qualcuno si arroghi il diritto di emendare il pensiero di una persona che non può dissentire e che — per di più – lo faccia per motivi prettamente economici. Le scuse della famiglia sono apparse sul sito dell’autore e il comunicato congiunto biasima le idee antisemite «incomprensibili per noi». Al Sunday Times dicono: «Chiedere scusa per le parole di un nonno molto amato è una cosa impegnativa da fare, ma resa più difficile quando le parole fanno così male a un’intera comunità. Abbiamo adorato Roald, ma siamo appassionatamente in disaccordo coi suoi commenti antisemiti». L’intera comunità in questione, quella ebraica, per altro non è stata neppure avvisata. Certo, perché i motivi più che etici sono commerciali: c’è in ballo un contratto con Netflix per produrre serie e film tratti dai libri del «nonno molto amato». Scuse postume assurde e mossa mediatica per altro controproducente: quanto si ricordavano che Roald Dahl fosse antisemita? Ora sia gli eredi sia i produttori cinematografici possono essere sicuri che tutti lo sanno.