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opo la liberazione dal campo di sterminio di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, Primo Levi intraprese un lungo viaggio attraverso l’Europa per tornare a casa, in Italia. Davide Ferrario e Marco Belpoliti ripercorrono quei seimila chilometri che separavano Levi da Torino, confrontando l’Europa descritta nelle sue pagine con quella contemporanea. Una strada lunga dieci mesi, formalizzata ne “La Tregua”, uno dei suoi romanzi più celebri sulla Shoah, sulla sopravvivenza e sul ritorno, seguito di “Se questo è un uomo”.
Levi percorse l’Europa nell’intervallo compreso tra la fine del Secondo conflitto mondiale e la Guerra Fredda, Ferrario e Belpoliti compiono la stessa strada in un tempo questa volta sospeso tra la caduta del Muro di Berlino e l’undici settembre 2001. Il progetto di Ferrario, pure nobile e commovente, mostra limiti evidenti nella realizzazione confusa che non spiega la relazione e il passaggio di senso tra Ground Zero e l’Europa prostrata dell’Est. Qual è il nesso tra il fondamentalismo islamico e l’acciaieria di Nowa Huta in Polonia, costruita dal regime comunista e visitata in compagnia di Andrzej Wajda? E ancora, tra le guerre preventive di “liberazione” e l’ignobile assassinio del cantante ucraino Igor Bilozir, del gulag di Novograd-Voljinsky in Bielorussia, della centrale esplosa di Chernobyl appena al di là del confine con l’Ucraina, del cammello di Mogylev-Podilskji, degli emigranti diretti in Italia dalla Moldavia, delle aziende italiane in Romania, dei neo-nazisti negazionisti della Germania e di Mario Rigoni Stern sull’altopiano di Asiago? Perché cercare nei luoghi di Levi risposte a questioni moderne e sconosciute alla vecchia Europa? Nell’infinito peregrinare di questo road-movie senza attori e in compagnia della sola voce off, Davide Ferrario si confronta ovviamente con la rappresentazione della Shoah, riaprendo il discorso sul linguaggio cinematografico impiegato per rendere immaginabile l’inimmaginabile, rivelando ancora una volta tutta la difficoltà del cinema a riferire di questo evento e di rappresentarlo nella sua unica oggettività storica e morale.
Marzia Gandolfi, MyMovies.it