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Una strada di Roma, nel 1938. Il milanese Umberto ha un negozio di sartoria, e proprio a fianco c’è la merceria di Leone, romano, estroverso, simpatico. I due non convivono tranquillamente, anzi si detestano. Umberto vede che quando abbellisce la vetrina o attacca dei cartelli promozionali, subito Leone sfrutta quelle idee a proprio vantaggio. Se i genitori sono in contrasto, i figli invece si frequentano: quelli piccoli vanno a scuola insieme e giocano; i grandi (il figlio di Umberto e la figlia di Leone) si innamorano e vorrebbero fidanzarsi. Un giorno dopo l’ennesima lite, Umberto apostrofa Leone: “Voi ebrei siete tutti uguali”. Leone si ritira nel negozio con l’anziano padre. Di lì a poco il Governo promulga le leggi razziali contro gli ebrei. Leone e famiglia devono restituire la radio, licenziare la cameriera ariana e il piccolo è costretto a lasciare la scuola. Quando Leone si ammala, Umberto va a casa a trovarlo, e tra i due nasce una istintiva complicità. Ma ormai il meccanismo si è messo in moto. Poco dopo essere tornato in negozio, Leone è costretto a chiudere. Una mattina carica mobili e masserizie, fa salire la famiglia poi si siede accanto a loro. Il camion si allontana. Umberto lo saluta con sguardo preoccupato.
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