Fonte:
Corriere della Sera La Lettura
Autore:
Massimo Gaggi
QAnon, il delirio dei complottisti
Agitano il web con teorie cospirative contro Hilary Clinton, i democratici e i divi liberal di Hollywood. Non sono osteggiati, anzi sont) spesso incoraggiati, dalla Casa Bianca. Sono migliaia e sono molto rumorosi. Ecco da dove arrivano e dove vogliono andare
QAnon. Fino a qualche mese fa i più la consideravano una sigla misteriosa dietro la quale si nascondeva un gruppo non troppo consistente di fan di Donald Trump. Gente un po’ fuori di testa, sostenitori di tesi cospiratone tanto fantasiose quanto raccapriccianti: congiure segrete dei capi di Stato di tutto il mondo che violentano bambini, li uccidono, si nutrono del loro sangue e in questo modo rafforzano il loro potere, spalleggiati da alcune star di Hollywood. The Donald arriva come un arcangelo a salvare il mondo ma, per sottrarlo dalla grinfie di questa strana cricca satanica guidata da Hillary Clinton e Tom Hanks e liberare l’umanità da una inconsapevole schiavitù, aprendo la strada a un’era di pace e amore, è necessario passare per una brutale resa dei conti: sospensione della democrazia e un bagno di sangue. Massacri del vecchio, odiato establishment in stile Trono di Spade. Come trama per uno sceneggiato non sembra granché, eppure questa narrazione, diffusa online e trasformata in una specie di videogioco apocalittico nel quale tutti possono arricchire il racconto principale inventando altre congiure secondarie, creando nuovi simboli, affermando di aver scoperto messaggi nascosti, ha avuto un incredibile successo. In pochi mesi la setta dei QAnon è diventata un esercito sterminato: milioni di seguaci sul web (Google Trends certifica che da metà gennaio a metà luglio le ricerche su QAnon sono decuplicate), mentre le sue bandiere e i suoi slogan si diffondono ovunque nelle manifestazioni della destra radicale negli Stati Uniti e, ormai, anche in Europa. Con le elezioni del prossimo 3 novembre, poi, entreranno per la prima volta al Congresso anche alcuni parlamentari repubblicani che dichiarano di credere nelle tesi cospirative QAnon, a partire da Marjorie Taylor Greene, che ha trionfato nelle primarie sui candidati dell’establishment e ha la quasi matematica certezza di essere eletta in un collegio ultraconservatore della Georgia. Così il mistero sull’identità di Q l’ispiratore della trama e il fidelizzatore del movimento, che all’inizio sembrava poco più di un intrigante indovinello intellettuale, come quello sulla reale identità di Elena Ferrante, è divenuto un enigma angoscioso che turba anche i sonni dell’intelligence: l’Fbi ha già pubblicamente denunciato il pericolo di una deriva terrorista dei QAnon. Nei suoi messaggi criptici, Q semina indizi. Parla come se fosse un alto esponente dell’amministrazione Trump, fa capire di avere accesso a tutte le informazioni più segrete. Secondo molti «fedeli» della setta, Q sarebbe addirittura Trump in persona, ma è molto più probabile che dietro questa sigla si nasconda un collettivo di seguaci del presidente uniti da un comune disegno. II mistero, comunque, rimane. Finché di setta si parlava — cioè di un numero limitato di seguaci — la cosa aveva un’importanza relativa. In fondo le teorie cospirative sono una costante della storia politica americana: da quelle che alimentarono il maccartismo negli anni Cinquanta del Novecento a quelle sullo sbarco sulla Luna che sarebbe in realtà avvenuto solo in uno studio televisivo segreto ben ancorato sulla Terra, agli attentati dell’u settembre 2001 (culminati nel crollo delle Torri Gemelle): considerati da alcuni di matrice giudaica e non opera della jihad islamica, architettati per arginare l’avanzata dei musulmani in America. Teorie che, a conti fatti, hanno prodotto danni relativi. Stavolta, però, il fenomeno sta diventando molto più esteso e avvolgente: benché privo di capi riconosciuti, di strutture e sedi, quello dei QAnon è diventato un esercito sterminato, con gli esponenti più attivi in rete che hanno, ormai, centinaia di migliaia di follower pronti a rilanciare e arricchire i messaggi più strampalati. Tutto parte, però, sempre dallo stesso mantra: non ascoltate i mezzi d’informazione ufficiali, non credete al governo e alle istituzioni, costruitevi la vostra realtà basata sulle vostre certezze: «Il mondo è in mano a un piccolo gruppo di manipolatori che operano nell’ombra. Abbastanza potenti da abusare dei bambini senza temere di essere incriminati. Sapete che i media in partnership con Hillary Clinton e il Deep State (i funzionari corrotti che segretamente continuano a lavorare per il vecchio regime, ndr), controllano la situazione. Sapete che solo Trump li può fermare e che la peste che ci ha colpiti è parte del piano per bloccarlo. Sapete che uno scontro finale tra il bene e il male è inevitabile e che sta per arrivare il momento del Grande Risveglio. State in guardia, cercate quelli che la pensano come voi e preparatevi a combattere. Credete in Q». e La tecnica digitale sarà anche quella del videogioco, ma il tipo di messaggio veicolato, le sue suggestioni, le sottigliezze psicologiche usate nello spingere gente delusa, alienata, impoverita, che ha perso i valori di riferimento, a cercare una nuova realtà — consapevole o meno di essere spinta verso un mondo che non esiste — fanno pensare a qualcosa di molto più esteso: un movimento di massa, quasi una religione. È un’analisi ormai condivisa da molti studiosi di un fenomeno che, come detto, si sta allargando ben oltre i confini americani: bandiere e slogan dei QAnon sono già comparsi alle manifestazioni della destra radicale a Berlino, in Francia e in altri Paesi europei. La setta non è più nemmeno etichettabile come un fenomeno che conquista spazio solo a destra: Q è indubbiamente trumpiano, ma l’irrequieta logica del rifiuto aprioristico della verità «ufficiale» e della stessa realtà apparente è una deriva che anima tanti gruppi — controculture e sottoculture — che vanno dai libertari tecnologici e dagli anarco-capitalisti che ogni anno si incontrano nel deserto del Nevada per dare vita ai riti del Burning Man, alla cultura New Age, ai maestri di alcune tendenze yoga, agli ultimi hippy di un flower power appassito da tempo. Che QAnon, fin qui diffuso soprattutto tra gli sconfitti della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica, spesso poco scolarizzati, possa fare proseliti anche tra libertari ed élite tecnologiche normalmente orientate a sinistra, è tutto da vedere. Ma di certo le suggestioni non mancano. La principale è legata a Matrix, un film di vent’anni fa che ebbe grande successo (4 Oscar) e poi diventò una pellicola di culto. 11 misterioso Morpheus, una sorta di grande burattinaio, spiega al protagonista, Neo (Keanu Reeves nel film) che tutto quello che lui vede intorno a sé e che gli sembra la realtà, è una simulazione digitale prodotta da matrici numeriche (matrix): un mondo creato per mantenere l’umanità docile, schiavizzata, all’oscuro della verità e inconsapevolmente cablata, legata a un sistema di computer che assorbono la sua energia. Poi Morpheus mostra i palmi delle mani con dentro due pillole di colori diversi e incalza Neo: «È la tua ultima possibilità: prendi la pillola blu e la storia finisce qui, ti risveglierai nel tuo letto e continuerai a credere nella realtà che ti viene messa davanti. Se invece prendi la pillola rossa finirai in Wonderland e io ti condurrò fino in fondo alla tana del coniglio». II riferimento è ad Alice nel paese delle meraviglie: la protagonista che, seguendo il coniglio bianco nei suoi cunicoli, cade in un mondo fiabesco, una sorta di realtà capovolta. Neo prende la pillola rossa e da quel momento succede di tutto. Casualmente il blu della pillola «conservativa» è il colore del partito democratico mentre il rosso di chi accetta una sfida temeraria è il colore dei repubblicani, ma qui destra e sinistra c’entrano poco: take the red pill è da tempo una frase usata di frequente dai leader del mondo digitale che esplorano nuove frontiere, che cercano di imporre tecnologie disruptive. Gente in genere lontana da un Trump che vuole rilanciare l’energia più antica e inquinante, il carbone, e che si pone come paladino dei gruppi religiosi più integralisti. Eppure la questione della red pill è passata da una suggestione per pochi a una questione politica nazionale grazie a un fulmineo scambio di tweet quando a Elon Musk (il visionario imprenditore di Tesla e SpaceX) che invitava a prendere la pillola rossa, Ivanka Trump ha subito risposto: «Già presa». I QAnon sfruttano questi labirinti nei quali si perde la certezza del reale. È incredibile vedere come una storia nata da una teoria cospirativa ridicola e smentita dai fatti — il mondo in mano a statisti pedofili e sanguinari — sia arrivata a generare mobilitazioni massicce e un universo di suggestioni dai confini indefiniti. e ‘lutto è cominciato quattro anni fa con il Pizzagate. Edgar Maddison Welch, un conservatore molto religioso dalla vita irreprensibile (volontario dei pompieri nel tempo libero) parte dalla sua casa in North Carolina, arriva a Washington ed entra nella pizzeria Comet Ping Pong armato di pistola e fucile mitragliatore. Ha letto che, secondo le teorie cospirative di Jack Posobiec, c’è una cricca di potenti politici democratici che abusa di bambini: loschi traffici che si svolerebbero proprio nel retrobottega di questa pizzeria vicina alla sede del partito, usata come copertura. Edgar vuole farsi giustizia e sgominare il traffico immondo. Per fortuna non spara subito: entra, fruga ovunque, apre tutte le porte ma trova solo una piccola cucina e immigrati ispanici che lavano i piatti. Esausto e confuso, si lascia disarmare. Fine della storia? Macché, è solo l’inizio. La grande saga dei QAnon comincia quasi un anno dopo quando Qappare per la prima volta sul sito 4chan, una sorta di bacheca per messaggi anonimi, con un manifesto zeppo di immagini grottesche. Riparte dalla tesi del mondo in mano a una banda di potenti pedofili guidati da Hillary Clinton, della quale viene annunciato l’imminente arresto che sarà poi seguito da una grande rivolta contro le élite. L’ex fast lady, ovviamente, non è stata mai arrestata, ma questo non ha minimamente inciso sul vigore del movimento. È un muro di gomma: davanti alla realtà che smentisce senza appello Q i suoi fan non arretrano di un millimetro: negano la realtà (fake news) o sostengono che le previsioni sbagliate fanno parte del piano: vengono diffuse per confondere gli avversari. II punto vero — e questo è un fenomeno che rischia di infettare chiunque, di destra odi sinistra — è che il disinteresse per la realtà «ufficiale», il disprezzo per il lavoro giornalistico etichettato come establishment da estirpare, porta i QAnon a credere solo al loro mondo fantastico. Che ognuno è libero di arricchire ogni giorno con nuove suggestioni. Dove porterà questo incredibile gioco di specchi? Si sgonfierà dopo il voto o continuerà a erodere le istituzioni democratiche minacciandone la stabilità e, forse, la sopravvivenza? Ci sarebbe meno da preoccuparsi se Trump avesse preso le distanze da questo movimento: non lo ha fatto e, anzi, ha definito i QAnon dei patrioti, ritwittando almeno go volte i loro post cospiratori. Con le teorie di Qormai diffuse ovunque, Facebook, Twitter e YouTube hanno reagito eliminando migliaia di account legati a Qcon contenuti falsi. Ma i QAnon rispuntano sempre fuori, diffusi come sono nel dark web, ormai il loro regno sotterraneo. Gli studi delle società di comunicazione mostrano che i contenuti censurati o segnalati come falsi con un’apposita bandierina, diventano quelli più ricercati dal pubblico. E tutto un fiorire di slogan enigmatici, minacciosi, vagamente apocalittici: «I leader corrotti verranno eliminati», «godetevi lo spettacolo», «nulla ci può fermare, abbiate fiducia nel piano», «questa è la calma che precede la tempesta». Tre anni fa, Trump all’improvviso usò proprio questa frase: «Forse questa è la calma prima della tempesta». Magari pensava a un’azione contro l’Iran, ma da allora i QAnon vedono in quelle parole un’adesione alla loro mobilitazione. Micheal Caputo, un fedelissimo che Trump ha mandato al ministero della Sanità come sottosegretario e capo della comunicazione, qualche giorno fa ha tracimato: dopo avere accusato la Cdc, un’agenzia del suo dicastero, di tramare contro il governo, ha invitato i sostenitori del presidente a preparare le armi per contrastare la rivolta violenta che verga scatenata dalla sinistra in caso di conferma alla Casa Bianca. Troppo anche per The Donald: Caputo si è scusato ed è uscito di scena. Ma non si è dimesso: qualche settimana di riposo, tornerà dopo il voto.