15 Settembre 2020

Gli 80 anni di Angelo Pezzana, difensore delle libertà individuali, dei diritti civili e di Israele

Fonte:

La Stampa edizione di Torino

Autore:

Beppe Minello

Gay, radicale, sionista e libraio

I miei 80 anni tra mille battaglie”

Angelo Pezzana uno dei promotori del “Fuori”, storica associazione per i diritti sessuali Ha fondato il Salone e aperto la Luxemburg, inclusa tra le più belle librerie al mondo “

Avere 80 anni e non dimostrarli vivendo «mai di nostalgie ma guardando sempre avanti». Angelo Pezzana, «Straordinario rompiballe» e «Sporco sionista» per alcuni come coloro i quali una dozzina di anni fa gli bruciarono mezza “Luxemburg”, l’ex sua libreria inclusa fra le 10 migliori al mondo dal quotidiano argentino Clarin, ma soprattutto fondatore del “Fuori” e campione dei diritti civili per i più, già guarda al 2021 quando di anni ne avrà 81 e sarà trascorso mezzo secolo dalla nascita del “suo” Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano. Una ricorrenza sulla quale alcune associazioni omosessuali d’Italia vorrebbero sorvolare («Ricorda? In Unione Sovietica i nemici li cancellavano anche dalle fotografie ufficiali», ride), indicando nella protesta di Sanremo del `72, davanti a un convegno di psichiatri che puntavano a una legge di condanna dell’omosessualità, l’inizio del movimento di liberazione omosessuale.

Pezzana, perché questa nuova battaglia?

«Per principio e amore della verità. La fiammella che scatenò il rogo dal quale nacque il “Fuori” l’aveva accesa proprio il suo giornale… ma forse è meglio che sorvoli?»

Dica, dica, i giornali sono lo specchio dei tempi…

«In effetti a quei tempi gli omosessuali erano sporcaccioni per la destra, peccatori per i cattolici e un surplus della borghesia per la sinistra che contava sulla rivoluzione e il Sol dell’avvenire per farli sparire con tutte le diseguaglianze. Dunque, sulla Stampa era comparso un articolo vergognoso sugli omosessuali e io raccolsi firme fra gli intellettuali per aprire un dibattito. Venni respinto con perdite dal suo giornale, «Si parla già troppo di queste cose» mi disse il segretario di redazione, e cercammo qualcosa per far parlare di noi: spuntò il convegno di Sanremo. Eravamo inventi anche se oggi chi vuole ricordare quell’evento parla di centinaia di persone: balle! Eravamo quattro gatti».

Sufficienti però, a far parlare di voi…

«Esatto. Mi ricordo un suo illustre e bravo collega, Luciano Curino, che chiedeva conto della mia presenza a Sanremo, se per caso ero uno psichiatra… Quando gli spiegai che eravamo lì per contestare mi disse che la parola omosessuale sui giornali non si scriveva. Gli risposi che sarebbe stato il primo a farlo. E così fu e La Stampa fu veramente la prima».

Da lì iniziò anche la sua carriera politica con i radicali e Pannella: prima in Parlamento poi in Regione e infine in Sala Rossa: perché i radicali?

«Nel ’74 ci federammo con il Partito radicale di Pannella, una delle figure più importanti per cambiare ciò che non funzionava nel nostro Paese. Noi omosessuali ci siamo trovati in famiglia con i radicali… di allora».

Perché questa sottolineatura?

«Perché oggi i radicali sono almeno tre (ride) e sono cambiati un po’…»

Quindi chi dice che lei è di destra ha ragione?

«Ma scherza? Mai avuto altra tessera che quella radicale e non usi quella parola per definirmi! I radicali non sono né di destra, né di sinistra, né di centro, dove non sono ben visto da nessuno: nel ’76, quando mi candidai anch’io, il Pci, per dire, ci definiva fascisti. Io, come i radicali, sono per i diritti civili».

E l’accusa di essere uno “Sporco sionista”?

«Lo sono da quando a 16 anni lessi della Inquisizione spagnola e dell’antigiudaismo cattolico. Nato e cresciuto a Santhià, vivevo in una cattolicissima famiglia, ma chiesi all’arcivescovo di Vercelli di togliermi dai registri. Ovviamente non mi rispose ma da allora mi appassionai all’ebraismo e alla storia di Israele. Non da un punto di vista religioso, ma intellettuale dedicandomi, con la mia libreria, prima la Hellas poi la Luxemburg, alla letteratura e alle vicende di Israele. Nel ’67, di fronte all’imminente guerra, chiesi alla Comunità ebraica, io che non avevo mi preso in mano una pistola, di potermi arruolare. La guerra, come si sa, durò sei giorni e rimasi a Torino…».

Dove ha poi fondato, nell’85, l‘associazione Italia-Israele beccandosi minacce e non solo.

«Così. Hanno provato a bruciarmi la libreria, sono stato minacciato e boicottato. E, a dimostrazione che i tempi cambiano, La Stampa in quel periodo scrisse articoli bellissimi sulla mia triste vicenda e su ciò che rischiavamo a tollerare il boicottaggio di qualcuno o qualcosa».

Oggi cosa fa Angelo Pezzana, uno di cofondatori del Salone del Libro del quale è stato vicepresidente per un decennio, in attesa della prossima battaglia?

«Curo la “Fondazione Sandro Penna-Fuori” e sto preparando un convegno da tenere il prossimo anno per ricordare la nascita del “Fuori”. Del mio privato non amo parlare. E poi, insomma, ho 80 anni e vivo di ricordi». E ride. 

Photo Credits: La Stampa