Fonte:
La Repubblica edizione di Milano
Autore:
Luca De Vito
Le sentenze che puniscono i saluti romani
“Discriminazione e odio razziale”: l’orientamento del tribunale sulle manifestazioni fasciste sembra mutare
Sono tre sentenze, due di appello e una di primo grado, che nel giro di un paio di mesi hanno ribaltato la linea del tribunale di Milano sulla rilevanza penale dei saluti romani. Se fmo a oggi gli avvocati difensori avevano incassato diverse assoluzioni nei processi per le commemorazioni fasciste che sfociavano in saluti col braccio teso e chiamate al presente, adesso arrivano le condanne. Gli ultimi tre pronunciamenti, le cui motivazioni sono state depositate nei mesi del lockdown, si fondano sull’articolo 2 della legge Mancino e hanno riconosciuto in questo genere di manifestazioni comportamenti che diffondono “discriminazione e odio razziale”. Il primo caso riguarda un blitz avvenuto i125 aprile 2016, quando circa 300 attivisti di Lealtà e Azione, associazione di estrema destra che al suo interno “vanta attivisti riconducibili al gruppo degli Hammerskinhead”, avevano preso parte a una cerimonia al campo 10 del Cimitero Maggiore per la commemorazione dei caduti della Rsi. Il copione era il solito: sguardi fieri, saluti romani e chiamata al presente. Il tribunale di primo grado aveva assolto gli imputati “senza porsi il problema – scrive il collegio della quinta sezione della corte d’appello presieduto da Giovanna Ada Lucia Ichino – della sussistenza di tutti gli elementi integrativi della fattispecie generale di cui all’articolo 2 della legge Mancino che punisce chiunque in pubbliche riunioni compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimento o gruppi (…) che diffondono in qualsiasi modo idee, fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o incitano alla discriminazione, a commettere atti di violenza o di provocazione alla violenza nei confronti di persone perché appartenenti a un gruppo nazionale, etnico o razziale”. Per la corte, che ha accolto il ricorso del pm Piero Basilone, “la cerimonia cui hanno preso parte gli imputati è durata circa 30 minuti, un tempo certamente rilevante ai fini della valutazione dell’impatto emotivo che può avere causato su chi era presente al cimitero, luogo aperto al pubblico. (…) evocando e diffondendo simboli di un regime che ha fatto della superiorità e dell’odio razziale ed etnico uno dei propri capisaldi”. Quattro le condanne, pena di un mese e dieci giorni e a 220 euro di multa (oltre alle spese processuali). La seconda sentenza si è pronunciata sui fatti del 23 marzo 2017. Quel giorno una cinquantina di persone si erano ritrovate al Cimitero Monumentale per commemorare i “protomartiri della rivoluzione fascista”. Uno dei partecipanti insieme a una donna, dopo aver parlato dei motivi dell’iniziativa e aver svolto la commemorazione “chiamava il presente” per tre volte. Gli altri manifestanti rispondevano per tre volte alla chiamata e una parte di loro la accompagnava più volte con il solito saluto romano. “Certamente non si è trattato di una manifestazione silenziosa — scrive in questo caso un altro collegio, sempre presieduto da Ichino — essendo stato effettuato un pubblico discorso con una pubblica chiamate del presente e pubbliche e gridate risposte, pubbliche gestualità, tipiche del disciolto partito fascista. (…) Nel momento e nelle circostanze in cui è stata effettuata, con l’esposizione di simboli, emblemi e richiami alla repubblica sociale italiana, quella manifestazione ha assunto un significato globale di adesione ai valori di quel regime: regime che ha collaborato intensamente con i militari tedeschi alla cattura e alla deportazione di ebrei e di persone discriminate per le loro idee politiche o per la loro etnia. L’antisemitismo è stato un tratto importante e drammatico della 4 Monumentale La celebrazione dei Fasci di combattimento dottrina di regime della Rsi”. In questo caso dieci le condanne, sempre con la stessa pena a un mese e dieci giorni più la multa. A far capire che l’orientamento è cambiato in corso di Porta Vittoria, anche il recente pronunciamento del tribunale di primo grado, sezione sesta, ovvero la stessa che negli ultimi anni aveva assolto. I fatti in questo caso risalgono al 22 aprile del 2018, giorno in cui una decina di militanti di estrema destra si erano riuniti per la commemorazione dei caduti della Rsi, sempre al campo 10 del Cimitero Maggiore. In questo caso il giudice Stefano Caramellino ha condannato due dei tre imputati, gli unici che si vedevano chiaramente fare il saluto romano nelle immagini registrate dalla Digos. Per loro la condanna è stata a 10 giorni e 120 euro di multa e a 15 giorni e 180 euro.