Fonte:
La Repubblica
Autore:
Tonia Mastrobuoni
“Fake news e complotti è una crisi che rilancia la strategia dei populisti’
Berlino — La peste come «combustione» che spazza via l’ordine dato e «dissolve l’organismo che attacca». Quando Antonin Artaud, uno dei più grandi geni del Novecento, sognava un teatro appestato dal dubbio non poteva immaginare che un giorno anche la strategia dei populisti per corrodere dall’interno le democrazie rappresentative sarebbe stata simile. Istillare incertezze, diffondere dubbi per finanziato la ricerca sui vaccini. alimentare l’odio verso le élite sono strumenti tipici di quella che il grande politologo Cas Mudde chiama “ideologia” del populismo. Ed è stato così anche durante la crisi da coronavirus, come hanno scoperto quattro studiosi dell’Università di Münster. Più che la bugia, la peste dei populisti è il dubbio, conferma uno degli autori principali, il professore di comunicazione Thorsten Quandt.
Professore, che cos’è il “populismo da pandemia”?
«C’è stata una infodemic tra gennaio e metà marzo, quando abbiamo condotto il nostro studio su centinaia di migliaia di post Facebook riconducibili a “media alternativi”. Ma le bugie clamorose erano rare. Piuttosto, abbiamo rilevato la continuazione di una narrazione sperimentata prima dell’epidemia. Fatta di mezze notizie, di fatti non verificati, di dubbi diffusi ad arte sui social media. La strategia è stata quella di corrompere le realtà ufficiali, le notizie verificate. E di mantenere vive le tipiche istanze populiste, legando il coronavirus ai temi più odiati come i migranti o Greta Thunberg».
Uno dei bersagli preferiti della propaganda anti-sistema è stata Angela Merkel. Quando è andata in quarantena dopo essere entrata in contatto con un medico infetto,il portavoce del gruppo parlamentare in Sassonia dell’Afd, ha insinuato che la cancelliera non sarebbe mai più tornata. I commenti e le risposte alla sua infondata dichiarazione sono stati un crescendo di deliri, qualcuno ha detto persino che fosse nascosta in Paraguay.
«Nelle conclusioni del nostro saggio si legge che ‘le bugie migliori Antonin hanno un nucleo di verità’: è stata questa la strategia più diffusa. Spargere dubbi sulla capacità del governo di affrontare la pandemia; alimentare paure su catastrofi economiche; diffondere mezze verità su figure di primo piano. Su Bill Gates, ad esempio, che ha finanziato la ricerca sui vaccini. Invece, nella persistente distorsione populista, ha finito per sovvenzionare la ricerca per sviluppare il Covid 19».
Voi sostenete che sia non necessario vietare o cancellare i “media alternativi”. Ma non sono particolarmente pericolosi, in una pandemia?
«Dopo l’uscita dello studio, ho ricevuto montagne di insulti e Thorsten persino delle minacce fisiche. Ma immagino che faccia parte del da dibattito democratico che dobbiamo cercare di difendere. Tutto sommato, i media alternativi hanno avuto un impatto limitato: la maggioranza non si rivolge ad essi. Il problema vero è che le persone che si imbevono di queste idee, sono difficilmente recuperabili. Anche quando leggono i media tradizionali, lo fanno per vedersi confermati nelle loro idee. Il rischio grande della disinformazione populista continua a essere la polarizzazione della società».