Fonte:
Moked.it
Autore:
Lisa Palmieri-Billig
Analfabetismo culturale
Abbiamo assistito di recente ad un’epidemia di riferimenti infamanti verso gli ebrei e l’ebraismo da parte di intellettuali e politici italiani che – consapevolmente o inconsciamente – si rifanno alle “fake news” (o “notizie false”) antisemite per dare peso e credibilità alle loro affermazioni. Mostrano tutti una pesante mancanza di conoscenza e una lettura sbagliata dei fatti che usano per supportare le loro tesi, che si prestano poi a interpretazioni antisemite. Questi esponenti del dibattito pubblico, che cercano una platea per le loro opinioni, trascendono le solite categorie di sinistra o destra, religiose o laiche, del nord o del sud, giovani o anziani, dei media sociali o di professione. L’analfabetismo culturale ha contagiato tutti gli strati della società contemporanea.
In Italia ci sono stati almeno quattro casi che hanno fatto notizia. Il più recente è quello di Dacia Maraini, la cui fama letteraria risale agli anni di Alberto Moravia (suo compagno per molti anni), una scrittrice che si batte anche per cause giuste. Per illustrare la sua fede e le sue speranze nel nuovo movimento politico delle “Sardine”, e il suo rifiuto e disgusto per gli aspetti più oscuri della storia cristiana, essa si inoltra con nonchalance in un territorio minato che esula dalle sue abituali competenze, ricorrendo all’uso di stereotipi teologici antigiudaici, illegittimi e pre-conciliari, banditi sin dall’epoca della stesura del rivoluzionario documento del Concilio Vaticano II “Nostra Aetate”. Contrapporre il “Dio dell’amore” del Vangelo al “Dio della vendetta” dell’Antico Testamento equivale a una lettura molto superficiale dei testi e ad una imbarazzante mancanza di conoscenza della Storia e della Teologia. Sono affermazioni che furono la benzina del fuoco della propaganda antisemita nei secoli, che hanno raggiunto il loro apice di potenziale distruttivo durante l’era nazista, e che sono state alla base di una secolare, erronea e disastrosa “teologia cristiana del disprezzo” della religione e del popolo ebraico.
È merito del temperamento italiano se l’attuale fenomeno delle calunnie anti-ebraiche sia rimasto in gran parte contenuto al livello di aggressione verbale piuttosto che fisica – in netto contrasto con quanto accade in Francia, in Germania, e ora anche negli Stati Uniti ed in altri Paesi – ma bisogna ricordare che è risaputo che la strada verso la Shoah del XX secolo in Europa è stata spianata da secoli di calunnie antisemite impresse nelle masse, e segnata da ripetute stragi a livello locale, soprattutto nell’Europa Centrale e Orientale. Il substrato di folle odio viscerale verso gli ebrei è sempre stato plasmato da forme fantasiose e maligne di cospirazioni, dall’ignoranza, dall’invidia, dalla paura dell’altro’, dalla ricerca di un capro espiatorio, e soprattutto dal fanatismo religioso e dai miti che hanno distorto e riscritto i fatti storici. È sempre in periodi di disordine sociale, politico ed economico – come quello che stiamo vivendo oggi – che si risolleva l’orrenda e sanguinaria testa dell’antisemitismo, e diventa quindi obbligatorio mettere in atto misure preventive innovative per scongiurare il ritorno di questa piaga mortale.
I segni della grande resa dei conti della Chiesa cattolica con il suo ruolo nei pogrom e nelle persecuzioni del passato, tramite l’avvelenamento delle menti dei fedeli attraverso una teologia deviata, sono iniziati con “Nostra Aetate” e sono culminati con le parole e le azioni di un Papa visionario. A coronazione di una serie di atti di riconciliazione senza precedenti con il popolo ebraico, San Giovanni Paolo II nel 2000 ha pregato per il perdono di Dio presso il Muro del Pianto di Gerusalemme “per il comportamento di coloro che nel corso della Storia hanno fatto soffrire questi vostri figli”. La teologia “supercessionista”, che sostiene che il cristianesimo ha sostituito l’ebraismo, è stata dichiarata nulla dal Concilio Vaticano II. La nuova teologia ufficiale sostiene che il cristianesimo è – ed è sempre stato – radicato nell’ebraismo, che le due religioni sono religioni fraterne che trovano nutrimento nello stesso terreno e che il cristianesimo è un “fratello minore”, o ancora una progenie innestata del buon “olivo” dell’ebraismo. Purtroppo, però, queste buone notizie sono ancora in gran parte confinate al livello esoterico dell’élite e non sono realmente penetrate nelle radici della popolazione.
Dacia Maraini si riferisce ai “principi del Vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente) la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra” e parla di Gesù come uno che ha “ha riformato la severa a vendicativa religione dei padri, introducendo per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, per rispetto delle donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra.”
Anche se questo non è il posto giusto per una lezione di teologia volta a dimostrare come tutte queste affermazioni siano false o, nella migliore delle ipotesi, superficiali, incomplete e fuorvianti, soffermiamoci solo su uno degli errori più evidenti. “Occhio per occhio, dente per dente” risale al Codice di Hammurabi del 1792 – 1750 AC., ed è stato usato dagli antichi ebrei per fissare un limite massimo alla punizione, per evitare pene severe che superassero la gravità del crimine. Non vi è alcuna prova che “occhio per occhio” sia stato preso alla lettera, ma piuttosto che i tribunali che gli ebrei sono obbligati dai loro testi religiosi a istituire ovunque si stabiliscano, usassero questo precetto per stabilire un risarcimento monetario per i crimini, o delle pene detentive proporzionate. È un concetto fondativo dei sistemi giuridici occidentali.
Simile stupore, perplessità e frustrazione sorgono quando assistiamo all’ignoranza mostrata in altri tre recenti episodi di letture antisemite. Vauro, il celebre vignettista, ha scritto che “Gesù era un palestinese” (“Certo che Gesù non era un ebreo; era un palestinese” è un’osservazione che fino ad ora avevamo sentito solo al bar). Gesù, che viveva in Giudea, era (ovviamente) un ebreo, come lo erano Maria e gli Apostoli. Era circonciso, viveva da ebreo osservante, e dichiarava di non voler cambiare “uno iota” della sua eredità ebraica. Criticava severamente l’establishment religioso dell’epoca, ma non aveva alcuna intenzione di abolire il sapere e la tradizione ebraica.
Un secondo caso è stato quello di Fabio Tuiach, Consigliere Comunale di Trieste, che ha dichiarato di essersi sentito “offeso come cristiano” da Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta all’Olocausto, che ha detto che “Gesù era ebreo”. Sembra che il signor Tuiach (che si sarebbe rifugiato in Francia a seguito della reazione negativa da parte suoi colleghi Consiglieri) non abbia potuto affrontare il fatto che, mentre secondo la credenza cristiana Gesù è venerato come “il Figlio di Dio”, ciò non cancella la sua nascita e il suo retaggio ebraico. Al contrario, rende ancora più necessario lo studio della sua natura ebraica.
Il terzo episodio, che risale a qualche tempo fa, è stato un grave segnale del ritorno della propaganda e degli stereotipi antisemiti nella politica. Per illustrare un punto, il Parlamentare del Movimento 5 Stelle Elio Lannutti ha letto ad alta voce alcuni passaggi del celebre falso antisemita “I Protocolli dei Savi di Sion”. Come è noto, questo libro è stato redatto in Russia nel 1902 dalla Polizia zarista su commissione dello zar stesso, che aveva bisogno di sviare le critiche al suo regime inventandosi un’enorme e maliziosa fantasia sugli ebrei che complottano per governare il mondo. In seguito fu adattato alla propaganda antisemita nazista ed è ancora oggi un best-seller in molti Stati arabi. Lannutti ha usato questo noto falso storico per illustrare la sua tesi contro il magnate, investitore e filantropo ebreo George Soros.
Francamente, i cittadini ebrei di tutto il mondo sono stanchi di essere costretti – quasi quotidianamente – a correggere questi retaggi malevoli di un passato molto oscuro. Se esaminiamo ciascuno di questi casi, troviamo che il comune denominatore è una “mancanza di conoscenza” (per usare un eufemismo). Purtroppo, con l’odierna cultura populista, social-mediatica, dove ogni voce è uguale a ogni altra e la meritocrazia è fuori moda e sta morendo, ogni persona, sia essa culturalmente analfabeta o meno, sente di avere il diritto di esprimere le proprie “opinioni”, e che esse hanno lo stesso peso di quelle degli esperti, senza che ci si senta in obbligo di verificare la validità delle proprie affermazioni o riferimenti, né di documentarli.
Questa situazione è dovuta anche ad un enorme divario nel sistema educativo della scuola secondaria di questo Paese, dove la storia del XXmo secolo non viene insegnata o, nella migliore delle ipotesi, viene insegnata solo superficialmente, e dove la presenza bi-millenaria e i contributi culturali, sociali, scientifici, economici e di altro tipo delle comunità ebraiche alla civiltà italiana ed europea sono sconosciuti – invece di essere inseriti come parte integrante dei libri di testo di Storia. Un’altra omissione evidente è la storia delle relazioni cristiano-ebraiche, gli apici e gli abissi che hanno determinato il nostro attuale dialogo e la nostra convivenza integrata. E infine, ma non di meno, va considerato l’insegnamento relativo ai fatti storici che riguardano la nascita e la crescita di Israele, e la storia delle sue relazioni con tutte le nazioni arabe circostanti, palestinesi compresi, raccontata in maniera più obiettiva possibile. Certo non è un compito facile, ma è necessario, visti i massicci condizionamenti e le idee sbagliate delle popolazioni autoctone italiane e degli immigrati in aumento.
L’ex Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti si è dimesso per il mancato accoglimento da parte del Governo alla sua urgente richiesta di aumentare i fondi per l’istruzione. Le sue richieste sono ammirevoli. Tuttavia, un metodo aggiornato di insegnamento della Storia, che è estremamente necessario, non sembra sia stato incluso nella sua lista di argomenti che richiedono maggiore attenzione. Si spera che i due nuovi ministri, Lucia Azzolina e Gaetano Manfredi che, insieme, saranno responsabili dell’Istruzione Primaria e Secondaria, nonché dell’Istruzione Universitaria e della Ricerca, prendano coscienza di questa urgenza.
Oggi abbondano le parole sulla necessità di fermare la diffusione dell’antisemitismo in costante crescita, ma cosa si fa di concreto? L’antisemitismo, come sappiamo troppo bene, è il primo segno di una democrazia malata. Gli esperti vengono chiamati a denunciare ed eliminare l’antisemitismo dai social media; le istituzioni ebraiche ricevono la protezione della polizia; i giornalisti denunciano nuovi episodi; molti leader politici, per fortuna, si esprimono e, si spera, l’Italia seguirà presto l’esempio di altre nazioni nell’adottare la Working Definition of Antisemitism dell’Ihra come strumento legale ed educativo. Eppure denunciare e proteggere, pur essendo assolutamente necessario, non è ancora sufficiente. Occorre un’azione positiva e creativa nel campo dell’educazione. Forse è giunto il momento di sedersi ed esaminare le lacune del sistema educativo nazionale e fare un po’ di brain storming per trovare rimedi adeguati, prima che il livello culturale generale si volgarizzi ulteriormente e la tendenza a riscrivere la storia così come a declassare la civiltà brutalizzi le masse e il nostro futuro.