Fonte:
La Stampa
Autore:
Niccolò Zancan
Saluti fascisti, passo d’oca e “boia chi molla” Anche i bambini davanti alla tomba del duce.
In tremila da tutta Italia a Predappio: mai così tanti per celebrare i 97 anni dalla marcia su Roma. L’Anpi: “Queste manifestazioni sono da vietare”
Ad esempio, il camerata Luca Aresu da Bergamo. Autista, operaio, 41 anni, licenza media, curriculum affidato a Casa Pound «per qualsiasi incarico». È lui che legge dallo scalone monumentale del cimitero la preghiera per il duce: «Mio duce. Che ci guardi dall’alto dei cieli. Da lassù continua ad amare e a proteggere il tuo popolo». Oppure Mirco Santarelli, barista di Faenza, 54 anni, già candidato per Forza Nuova e qui incaricato di gestire il servizio d’ordine e scandire il ritmo degli interventi al microfono. «Noi non siamo nostalgici!», urla quando tocca a lui. «Noi siamo la continuazione ideale di quella che fu la rivoluzione fascista!». E tutti, come in un momento liberatorio, urlano a loro volta: «Duce duce duce!». «Camerata Benito Mussolini? Presente! Presente! Presente!». E molti, allora, alzano le mani nel saluto romano. Un gesto vietato per legge ma che ostentano ugualmente, nell’indifferenza dei pochi agenti in borghese mandati dalla questura di Forlì. Perché questo è diventato l’ennesimo raduno di Predappio, quello del 27 ottobre 2019: una prova di sfacciato fascismo. Sono arrivati in tremila. Pullman dall’Abruzzo, dal Lazio, dalla Toscana. Pullman che avevano attraversato l’Italia foderati di paramenti neri e croci celtiche, la faccia di Mussolini esposta sul finestrino come una targa di riconoscimento. Sono venuti con i tatuaggi della Juventus accanto a quelli del duce. L’Atalanta, la Lazio e la X Mas. Aquile da combattimento, rune, gingilli militareschi. Non folclore, se può esistere un folclore di morte. Sono venuti con i figli al seguito, facendogli indossare magliette nere con sopra scritto: «Continuità ideale Rsi». Non per la storia. Anche se avevano gli stemmi degli arditi, e nonostante il passo dell’oca in mezzo alla strada. «Mai così tanti» diceva il sindaco di centrodestra, l’imprenditore agricolo ex berlusconiano, Roberto Canali. La sua principale preoccupazione della mattinata di ieri è stata quella di non farsi vedere lì in mezzo. «Io sono solo un sindaco. Devo mettere i cartelli di divieto di transito. Sono queste le mie funzioni. Non mi piace quello che sta succedendo. Ho chiesto di evitare almeno i vestiti da gerarca e il fez. Ma cosa ci posso fare? È la prefettura che autorizza questo genere di manifestazioni». Il motivo ufficiale era il 97° anniversario della marcia su Roma. Per l’occasione, la famiglia Mussolini rappresentata da Edda, Orsola e Silvia Mussolini ha riaperto la cripta in cui è sepolto il duce. La coda al cimitero è stata continua per tutto il giorno. Ognuno lasciava un pensiero sul libro delle presenze. «Camerati Alberto e Paolo. W il duce. Onore d’Italia». «Riposa in pace grande uomo». Firmato: Vanna. «Andiamo a dare un saluto a zio Benito», diceva tal Dario da Milano, 50 anni, libero professionista, camicia nera e «tanti nemici molto onore». Tutti negavano la storia. Tutti dicevano cose false. E tutti riportavano luoghi comuni errati sulle «cose buone» fatte da Mussolini. E le leggi razziali, buone anche quelle? «Sì, va beh, guardiamo solo alle cazzate, allora», rispondeva Dario da Milano. E poi è arrivato il camerata di 84 anni: «È un’emozione. Peccato che si faccia così raramente». E poi quell’altro al ventesimo raduno fascista, con la maglietta con sopra scritto «Salvini santo subito». Ah, certo, Salvini. «Lui è quello più attinente. Quello che si avvicina di più. Il più leale». Sono arrivati davanti al cimitero facendo aprire il corteo a una vecchia camionetta dell’esercito italiano targata BO509909. Hanno disposto i labari e allargato il tricolore. Hanno messo in prima fila bambini e ragazzini. C’era anche il prete vichingo, il prete il esorcista, il prete falso, Davide Fabbri, già condannato a pagare una multa di 4.625 euro per apologia del fascismo: aveva tappezzato il centro storico di Rimini con la scritta «Per un mondo più pulito torna in vita zio Benito». Poi la signora Elisa Procopio ha letto “la preghiera dell’ausiliaria”. Poi c’è stata la preghiera dell’ardito: «Concedi che la nostra bandiera, più scura della notte, sventoli sempre vittoriosa negli assalti e nella vita». Ancora Mirco Santarelli: «Avanti, camerati! Organizziamo i pullman e andiamo a Roma!». Infine, la preghiera «per sua eccellenza il camerata Benito M…». E stato in quel momento che sono partiti i cori e le mani alzate. Sullo stradone principale di Predappio, la strada Provinciale 9, crescioni, piadine, birre, vino del Duce. Nei tre negozi di “souvenir” molta gente. Coda fuori. Vendevano “autentico olio di ricino”, il busto di Mussolini da 60 a 150 euro, una maglietta con scritto “boia chi molla” a 8 euro, anche bavaglini per bambini. E tutti gli slogan tornati di moda con la Lega. «Italia agli italiani». «Me ne frego». «Vincere. E vinceremo». Era una domenica sbagliata. Come se quel pezzo di terra, per alcune ore, fosse fuori dalla legislazione italiana. Nei ristoranti si sbronzavano con Faccetta Nera. Prima di salire in auto, battevano il piede nella postura dei nazisti. Solo l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani d’Italia, ha provato a dirlo. «Manifestazioni del genere devono essere vietate». Avevano organizzato un concerto nel piccolo teatro comunale per celebrare il 28 ottobre 1944, il giorno in cui Predappio fu liberata dal nazifascismo. Ma quella voce era soverchiata dalle urla dei fascisti. I fascisti di oggi.
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